sabato 2 febbraio 2013

Miracolo! AgCom che... critica AgCom (...copiando Grillo!)

Fantastico! Miracolo! 

Lo stato maggiore dell' (ex) AgCom, dopo aver assecondato per anni un apparato arcaico, basato su sistemi di incroci di potere, burocrazia cartacea, e immobilismo adesso improvvisamente si sveglia e... critica il proprio operato: TUTTO!
Parla di nuovo coypright, quando non e' stato in grado di sfornare un regolamento che andasse a toccare gli interessi ne' dei produttori di contenuti, ne' degli intermediari internet!
Parla di troppe agende digitali, quando si e' autonominato garante anche per il settore digitale!

Miracolo! Miracolo! Lancia proposte innovative... che oltretutto il Programma 5 Stelle di Grillo aveva in palinsesto 12 mesi fa! (Beh: almeno leggetevi qualcosa sulla rete, visto che ne siete tanto esperti!)

Per la serie: il venditore di pellicce che improvvisamente si scatena contro la caccia e diventa animalista...

Ben volentieri pubblichiamo:

Tante agende digitali. Ma le riforme necessarie sono altre

di Nicola D'Angelo | 2 febbraio 2013

da il Fatto Quotidiano


È ormai invalsa la moda di fare agende digitali.
L’ha fatta il Governo, in parte con una legge, l’hanno fatta diverse associazioni, per ultimo ci si sono messi anche i partiti. Caratteristica comune di tutte queste iniziative è stata quella di pensare allo sviluppo del sistema digitale con una serie di iniziative parcellizzate e fondate per lo più sul ruolo della pubblica amministrazione. Non c’e dubbio che tutto questo sia importante (al netto di qualche baggianata) ma è solo un modo limitato di affrontare la questione. Fatta questa premessa, non mi metterò anch’io pretenziosamente a fare un’agenda. Io non so chi avrà il potere di fare e neppure se alle chiacchiere seguiranno i fatti, certo alcune importanti questioni generali si pongono oltre a quelle indicate.
1. Il cosiddetto digitale è un ecosistema composto di varie articolazioni fortemente interconnesse tra loro. Tra queste articolazioni non c’è dubbio che vi sia anche la parte dell’audiovisivo che se non cambia regime rischia di condizionare negativamente il resto. Nessuno invece ha chiarito cosa si intende fare complessivamente sulla materia. E invece bisognerebbe: a) abrogare la Gasparri; b) fare una legge rigorosa che finalmente garantisca un effettivo pluralismo attraverso un uso trasparente, efficiente e concorrenziale delle frequenze, degli impianti e delle risorse pubblicitarie; c) riformare la Rai, non privatizzandone pezzi, ma rilanciando la sua funzione pubblica nella convergenza e nell’educazione all’innovazione tecnologica; d) riformare con una visione moderna il sistema dell’emittenza locale e della radiofonia; e) sostenere le produzioni indipendenti; f) intervenire sulle condizioni di monopolio in cui versano altre piattaforme televisive diverse da quella terrestre (soprattutto il satellite).

2. Le frequenze sempre più costituiscono il grande asset delle tecnologie. Tablet, iphone, stanno sostituendo i computer. Tutti questi device operano in mobilità. Le frequenze sono dunque il petrolio del futuro ed una grande risorsa anche economica. Purtroppo la situazione italiana è caratterizzata nel settore da rendite di posizione (non solo della televisione). Usi civili e militari che sprecano inutilmente ed in modo non trasparente porzioni importanti dello spettro radio. Ci vorrebbe davvero una spending review del settore.
3. É ormai necessario affrontare il tema del rapporto tra i grandi aggregatori (es.google, apple) e i distributori nazionali (telco o broadcaster). Quando lo sostenevo, tre anni fa, mi prendevano per matto ora vedo che è argomento sempre al centro del dibattito. Discuterne, senza tuttavia arrivare a proporre una regolamentazione protezionistica che non avrebbe la minima possibilità di successo. La storia di questi ultimi mesi, anzi degli ultimi giorni (accordo Google con editori francesi), ci insegna che un pressing aiutato dalla messa in campo di alcuni strumenti giuridici anche sanzionatori che già esistono fa raggiungere il risultato. Certo c’è bisogno di altro, soprattutto nella disciplina di interconnessione alle reti (es. negli accordi di delivery) o nella raccolta della pubblicità, ma va evitata l’estremizzazione contro gli Ott, che comunque restano un fenomeno che ha prodotto benefici enormi allo sviluppo del digitale.

4. Tutte le agende propongono una serie di iniziative per la diffusione di internet. In tutte mancano però alcuni aspetti che ne sono il presupposto necessario. Il punto su cui conviene riflettere oggi è che le discussioni relative ad internet vengono per lo più affrontate con un approccio economico. Questo non è sbagliato in assoluto (tutti concordano nel contributo di internet allo sviluppo dell’economia). Ci sono tuttavia questioni all’interno di questo sviluppo che investono il futuro democratico della nostra società. Mi riferisco in particolare a temi che costituiscono presupposti di garanzia generale del sistema quali: la neutralità – la privacy – la tutela dei contenuti. Quanto alla neutralità, oggi la tecnologia permette di selezionare i contenuti e filtrarli o assegnare priorità. La rete continuerà ad essere aperta o prevarranno, giustificati dall’interesse economico o peggio, elementi di discriminazione? Nessuno ancora ha chiarito i principi che debbono valere per garantire la neutralità della rete. L’Europa ha fatto un piccolo sforzo quando ha rivisto le direttive sulla comunicazione elettronica affermando che la neutralità della rete è uno dei prìncipi cardine dello sviluppo del web in Europa. In Italia il tema è assente. La recente agenda digitale del governo non ne parla. Nel mondo non sono solo gli operatori di rete a metterla in discussione ma anche le scelte dei grandi aggregatori di contenuti.
Chiusi come Apple o aperti, ma con forme subdole di chiusura, come Google. Assistiamo ad una polemica sul lascito fiscale di questi soggetti (non pagano le tasse nei paesi dove fanno fatturato). Aspetto importante ma secondario rispetto all’assenza di regole che impediscano il conflitto permanente tra i loro interessi economici e le libertà individuali di accesso. Stesso discorso per la riservatezza. Il web é come un iceberg, con una parte profonda, non apparente, in cui i nostri dati vengono utilizzati, per fini di commercio, politici o di altra natura. Un grande tema, forse in prospettiva il più importante su cui nessuno ha preso impegni (tantomeno le forze politiche). Infine, la tutela contenuti. Il copyright non può essere la scorciatoia per nuove forme di censura. É necessaria una riforma in linea con lo sviluppo tecnologico ed è altrettanto necessario incentivare l’uso legale dei contenuti eliminando rendite di posizione nei regimi di esclusiva, nelle finestre di distribuzione, favorendo forme nuove di remunerazione. Per questo, per prima cosa andrebbe abrogato il cd Decreto Romani che ha esteso al web le regole sulla televisione, prevedendo per il copyright, in assenza di criteri direttivi e con una finalità tutta tesa a proteggere le rendite del principale operatore privato, una sciagurata assegnazione all’Agcom di un potere di intervento sanzionatorio in via amministrativa.

5. Le tecnologie sono una grande opportunità, internet, in particolare, è una grande opportunità. Ma c’è un rischio. Parti rilevanti della società possono essere escluse da queste opportunità o per ragioni tecniche o per ragioni economiche. Quante famiglie non possono sostenere i costi di un ascesso alla rete. Il futuro e in parte già il presente ci riservano un mondo nel quale saremo in una permanente connessione (per una conoscenza allargata e per le cose) Ed allora, un solo slogan: internet per tutti. Ma chi l’ha detto? Non i principali partiti, anche quelli che di recente si sono esercitati sul tema. In parte l’ha detto Grillo, ed invece si tratta di un tema di straordinario rilievo alla base di tutte le prossime strutture democratiche.

PROSPETTI ELETTORALI







1. A TRE SETTIMANE DAL VOTO LE QUESTIONI TUTTORA APERTE SONO SOLTANTO DUE: IL DESTINO DEL SENATO E LA LOTTA PER IL TERZO POSTO TRA MOSÈ MONTI E BEPPONE GRILLO - 2. LO SCANDALO MPS RISCHIA DI AZZERARE UNA SERIE DI CANDIDATURE PER IL QUIRINALE: - DRAGHI, AMATO E PRODI, E POTREBBE ENTRARE IN GIOCO IL FATTORE LATO B: B COME BINDI - 3. PIERFURBY CASINI ALL’INTERNO DELL’UDC, ESCLUSO IL SUO “CERCHIO MAGICO”, NON GLI È RIMASTO UN AMICO CHE SIA UNO. E NON VEDE L’ORA DI LIBERARSI DI TUTTI, CESA COMPRESO - 4. DOPO QUALCHE SETTIMANA DI CAMPAGNA ELETTORALE CON EVIDENTI PRESTAZIONI DA POLLO DI BATTERIA, RIGOR MONTIS STA TORNANDO NEI PANNI PER I QUALI ERA CONOSCIUTO IN EUROPA E NELLA CERCHIA MILANESE DELLA SUA PRECEDENTE VITA: “UN ABILE SHERPA” QUINDI NON UN CAPO DI STATO O DI GOVERNO, E NEMMENO UN LEADER POLITICO - 5. IL BANANA O DIVENTA IL PADRE NOBILE DEI MODERATI OPPURE SARÀ PUGNALATO A MORTE - 6. CATRICALÀ SI SCALDA PER LA SEGRETERIA DEL COLLE, INCARICO STRATEGICO DEL PAESE -

Da Dagospia
DAGOREPORT
A poco più di tre settimane dal voto alcune tendenze di fondo si stanno consolidando, sia nei sondaggi sia nel microcosmo delle nostre cerchie personali. E' possibile dunque aggiornare lo scenario effettivo del dopo voto, anche perché le questioni tuttora aperte sono soltanto due: il destino del Senato e la lotta per il terzo posto tra le truppe di Mosè Monti e quelle di Grillo Beppe.
GRILLO MPSGRILLO MPS Sulla prima questione toccherà a Re Giorgio Napolitano e a Bersani Pierluigi decidere come assicurare i numeri al governo e la stabilità al Paese e restano in piedi gli scenari sinora avanzati sulle mosse del Quirinale e del Pd, che stanno valutando anche quale veste istituzionale dare ad una eventuale collaborazione con il Berlusconi redivivo.
Monti e Merkel a Berlino bc bf af df daf f cMonti e Merkel a Berlino bc bf af df daf f c Sulla semifinale per il terzo posto, ufficialmente il centrino sembra in vantaggio ma i troppi nervosismi che si percepiscono dalle parti di Scelta Civica farebbero pensare che così non è e che M5S sia avanti, sia pure di poco, come del resto alcuni sondaggi, ospitati anche dai giornali più montisti, cominciano a registrare.

Ma la campagna elettorale ha già dato alcuni verdetti molto importanti relativamente ad alcuni protagonisti e rispetto all'Italia che verrà: Eccoli

1. Lo scandalo Mps, anche se non ha una relazione diretta di causa/effetto sui papabili, rischia di azzerare una serie di candidature per il Quirinale. Certamente, Draghi Mario, Amato Giuliano e, perché no, Prodi Romano, appaiono meno in gioco di qualche mese fa. E potrebbe entrare in gioco il fattore LATO B: poniamo che Rosy Bindi venga eletta presidente della Camera e che serva una figura politica che abbia già una carica istituzionale, che sia anche di sesso femminile (il che aiuta, anche se qualcuno dovesse avere l'ardire di avanzare velati dubbi sul caso specifico) e che sia ineccepibile sotto il profilo etico.
PRODI, VISCO, BERSANIPRODI, VISCO, BERSANI4mod02 mar draghi fra giavazzi amato fio kos padoa schioppa4mod02 mar draghi fra giavazzi amato fio kos padoa schioppa La presidente del Pd vive a Sinalunga, ma con il Monte e con la sua associazione a delinquere non ha avuto frequentazioni rilevanti, quindi questo potrebbe essere un vantaggio. Nel 1992 Scalfaro da presidente della Camera bruciò tutti i grandi capi della Dc dell'epoca. Bindi Rosy se raggiunge il primo traguardo potrebbe essere automaticamente in lizza per l'altro.
ROSI BINDI MASSIMO DALEMAROSI BINDI MASSIMO DALEMA CASINI CESACASINI CESA 2. Bersani Pierluigi. La legislatura potrà durare due o cinque anni. Cinque se si realizzano le convergenze istituzionali con il "forno" giusto, non soltanto con il forno che prende più voti. Due anni se il leader del Pd, beneficiario del premio di maggioranza alla Camera, si arrocca e non riesce a delineare una linea politica più chiara, limitandosi a navigare tra due schieramentini perdenti (di minor o maggior successo o presentabilità) come Vendola, Ingroia, Camusso, Monti, Fini e Casini.

3. Casini Pierferdinando in Caltariccone è all'ultimo giro di boa. All'interno dell'Udc, escluso il suo "cerchio magico", non gli è rimasto un amico che sia uno. Opportunismo, arroganza, tracotanza, le critiche più lievi. Per avere la controprova basterebbe ascoltare per qualche minuto cosa dice di lui la sorella di Cesa Lorenzo in tutti i salotti romani. Cose inenarrabili. Il Genero non se ne cura, non vede l'ora di liberarsi di tutti, Cesa Lorenzo compreso.

4. Monti Mario ex Mosè, "lo sherpa". Dopo qualche settimana di campagna elettorale con evidenti prestazioni da pollo di batteria, sta tornando nel suo soffitto di cristallo (per usare un'espressione cara alle femministe d'antan, cioè nei panni per i quali era conosciuto in Europa e nella cerchia milanese della sua precedente vita: "un abile sherpa".
PRESENTAZIONE DEL LIBRO LA DEMOCRAZIA IN EUROPA DI MARIO MONTI E SYLVIE GOULARDPRESENTAZIONE DEL LIBRO LA DEMOCRAZIA IN EUROPA DI MARIO MONTI E SYLVIE GOULARD Quindi non un capo di stato o di governo, e nemmeno un leader politico. Per la verità, l'aggettivo abile l'abbiamo aggiunto noi per non danneggiare eccessivamente l'immagine del nostro Paese, già provata dallo scandalo Mps. In realtà, nei vertici internazionali è uso comune darsi dei nomignoli o dei nick name e il nostro attuale premier viene chiamato "lo sherpa".
MARIO MONTI AL PARLAMENTO EUROPEOMARIO MONTI AL PARLAMENTO EUROPEO La cosa non è a sua insaputa, lui lo sa, ne è irritato ma non può farci nulla. Il tutto per dire che le sue prospettive restano limitate ai noti e futuribili incarichi europei, se la congiuntura politica del 2014 lo permetterà. Questo significa anche che ha un problema di traghettarsi in quell'epoca, che se continua nel suo impasto di leggerezza da novizio della politica rispetto ai contenuti e di arroganza professorale rischia anche di restare a piedi sulla stessa via di Bruxelles. E che, infine, questo è certo, quelli che si sono aggrappati alla sua scialuppa resteranno comunque orfani.

5. Berlusconi Silvio. Sta dando prova ancora una volta che la campagna elettorale gli funziona da gerovital politico, porterà a casa un risultato inaspettato, ma sa anche che questa è davvero la sua ultima campagna elettorale. Quindi deve comportarsi di conseguenza: il suo appuntamento più impegnativo comincerà il giorno dopo le elezioni.
BERLU CHE DORMEBERLU CHE DORME O anticipa tutti e avvia sul serio il processo costituente di una forza moderata e popolare sciogliendo immediatamente il Pdl in una nuova forza politica attraverso un serio processo democratico che parte dalla base fino al vertice, quindi insediando in modo ramificato dal più piccolo comune fino a Roma una classe dirigente che viene selezionata democraticamente dal quel popolo che è riuscito per l'ultima volta a mobilitare e archiviando definitivamente impresentabili, veline, mignottocrazia militante e aspirante, oppure le Idi di marzo si porteranno dietro con qualche mese di anticipo una bella riunione del Gran Consiglio e per mano dei suoi fedeli "servitori" sarà pugnalato a morte (politica, s'intende).
STRETTA DI MANO TRA MONTI E BERLUSCONISTRETTA DI MANO TRA MONTI E BERLUSCONI Nel primo caso diventa il padre nobile dei moderati, mette fuori gioco il centrino dello Sherpa, di Fini e Casini e si fa da parte da leader non da sconfitto. Se vuole, è in grado di farlo lasciando i suoi a scannarsi ma questa si chiama selezione democratica della classe dirigente. In Forza Italia e nel Pdl non c'è mai stata, se il fidanzato della Pascale la introduce in zona Cesarini sarà ricordato anche per questo e non solo per tutto il resto che sappiamo.
BERLUSCONI FA LE CORNABERLUSCONI FA LE CORNA6. Grillo Beppe torna a crescere sostituendo la Rete con le piazze, persino quella storica del sindacato e della sinistra di piazza San Giovanni a Roma. Se questo colpo gli riesce, il terzo posto non glielo toglie nessuno. Per il dopo, non gli salti in mente di mettere vincoli ai suoi eletti perché si ritroverebbe solo: più gli eletti sono gente normale, casalinghe o precari, più velocemente si abituano agli usi e costumi della casta politica e non vogliono tornare indietro. Ne può far firmare loro scritture private o invocare regolamenti o statuti interni. Con il salto in Parlamento il movimento non potrà più essere guidato con i diktat di Casaleggio e dintorni come oggi.
Catricala Antonio dietro a sinistra Paolo LiguoriCatricala Antonio dietro a sinistra Paolo Liguori 7. Uno dei personaggi più influenti del governo Monti, che ne ha fatto parte senza farsi travolgere dagli errori tecnici e che ha saputo tenersi alla larga dalle tentazioni di Scelta Civica, tornerà per un breve periodo al Consiglio di Stato. Ma e' l'uomo che in Italia segue con più attenzione di tutti la corsa al Colle perché più di tutti viene ritenuto il candidato numero uno alla Segreteria Generale del Quirinale, uno degli incarichi istituzionali più importanti del Paese. Si chiama Catricala' Antonio.


Thanks to DagoSpia.

venerdì 1 febbraio 2013

Oops...a Firenze, il "vecchio" che avanza: il triangolo del Maggio Fiorentino




Maggio Fiorentino: Bianchi commissario straordinario

'C'è molto da fare': le prime parole del neocommissario nominato da Ornaghi

01 febbraio, 14:38


Ansa

Maggio Fiorentino: Bianchi commissario straordinario E' Francesco Bianchi il commissario straordinario nominato dal ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi per il Maggio Fiorentino. L'incarico, secondo quanto prevede la legge sulle fondazioni liriche, è di 6 mesi rinnovabili.
"C'é molto da fare. Vedremo". Queste le parole che il neocommissario ha pronunciato stamani di fronte ai giornalisti prima di entrare nel teatro. Francesco Bianchi, esperto di banca e finanza e fratello dell'avvocato Alberto Bianchi, presidente della fondazione Big Bang vicina al sindaco di Firenze Matteo Renzi, è arrivato in taxi verso alle 13, accompagnato dal vicesindaco Dario Nardella.

giovedì 31 gennaio 2013

piccoli burocrati con grandi stipendi (in europa)

La politica e' piccola perche' :
1) rispetta la media di questo paese: persone meschine, disposte a tutto pur di fregarti, e pronte a frignare se le fregano.
2) I governanti che abbiamo, sono un triste specchio di un paese, di una mentalita' che non e' migliore...
3) Dicono tutti di sacrificarsi per il bene altrui, per il paese... ma nessuno glielo ha chiesto.
4) Si scambiano i posti con parenti, figli dei loro sponsor...
...si stanno gia' scannando per piazzare i nostri piccoli burocrati vicini ai politici in Europa, nel 2014. 

 Liste blindate, grassi stipendi, faccine viscide da italiani sorridenti, piccole capacita', scambio di posti (pubblici). 


Provate a contattare la rappresentanza italiana inEuropa proponendovi. Vi diranno: in quel campo, abbiamo gia' l'eccellenza dell'eccellenza... guarda caso parente di tal politico...



 

Benvenuti nella politica minore...



da: CorSera

Il Professore: «Per l'Italia l prossimo bilancio europeo deve essere dotato di risorse adeguate. Negli ultimi anni abbiamo pagato più di quanto era giustificato». La Cancelliera: i negoziati avranno successo

 «Germania e Italia sono fiduciose sull'accordo relativo al prossimo bilancio europeo». Lo hanno dichiarato la cancelliera Angela Merkel e il premier uscente Mario Monti, che ha sottolineato l'importanza di fornire risorse per «la crescita e la solidarietà».
IL BILANCIO - «Germania, Francia e Italia sono i principali contributori netti al bilancio dell'Unione europea. Per l'Italia è essenziale che il prossimo bilancio europeo sia dotato di risorse adeguate alle ambizioni dell'Unione e promuova la crescita e la solidarietà», ha detto Monti nel corso di una conferenza stampa congiunta con la Merkel a Berlino. «Sono molto ottimista che sulla questione del bilancio Ue avremo successo, che troveremo un accordo», ha detto la Merkel: «Certo questi colloqui non saranno facili e ci aspettiamo che l'Italia salvaguardi i propri interessi». Monti ha sottolineato che negli ultimi dieci anni l'Italia "ha pagato via via più di quanto fosse giustificato al punto di essere nel 2011 il primo contributore netto. Questo non ha giustificato». «Sono problemi complessi, che coinvolgono importanti interessi sia dell'Ue che nazionali. Sono fiducioso che ancora una volta sia possibile una franca discussione per trovare punti di equilibrio», ha concluso Monti, che ha annunciato che domenica incontrerà il presidente francese Francois Hollande.

mercoledì 30 gennaio 2013

QUESTI DOVREBBERO GOVERNARCI: LEI NON SA CHI SONO IO E COSA SO...



Ingroia alla Boccassini: «Non dico
quel che diceva di lei Borsellino»

Risponde anche a Maria Falcone: «Mai usato il nome di suo fratello per prendere voti»

Antonio Ingroia (Eidon)Antonio Ingroia (Eidon)
Non accenna a placarsi lo scontro a distanza tra l'ex procuratore aggiunto a Palermo Antonio Ingroia e la sua collega Ilda Boccassini. Dopo l'inattesa bordata del pm milanese che aveva criticato Ingroia per essersi paragonato a Falcone arriva la replica del candidato di Rivoluzione Civile. «Ho atteso finora una smentita, invano. Siccome non è arrivata dico che l'unica a doversi vergognare è lei che, ancora in magistratura, prende parte in modo così indecente e astioso alla competizione politica manipolando le mie dichiarazioni. La prossima volta pensi e conti fino a tre prima di aprire bocca» attacca Ingroia. MARIA FALCONE - «Quanto ai suoi personali giudizi su di me non mi interessano - aggiunge Ingroia- alle sue piccinerie siamo abituati da anni. Mi basta sapere cosa pensava di me Paolo Borsellino e cosa pensava di lei. Ogni parola in più sarebbe di troppo». L'ex procuratore aggiunto di Palermo replica a muso duro anche a Maria Falcone che lo aveva criticato sempre per il paragone col fratello. «Alla signora Maria Falcone, con tutto il rispetto per il cognome che porta dico: si informi prima di parlare -argomenta Ingroia- Io non ho mai usato il nome di Giovanni Falcone per i voti. Lei invece si, quando si candidò per prendere il seggio al Parlamento europeo e non venne neppure eletta».


http://www.corriere.it/cronache/13_gennaio_30/ingroia-replica-boccassini-piccinerie_35139bee-6ad9-11e2-9446-e5967f79d7ac.shtml
 

martedì 29 gennaio 2013

LOTTA ALL'EVASIONE...IN ITALIA E' PRATICA IMMORALE



Lotta all'evasione. Lista Falciani: in Italia non è utilizzabile.

da: http://www.corrieredelweb.it/

Lotta all'evasione. Lista Falciani: in Italia non è utilizzabile. Ma è ora di recuperare ogni centesimo evaso

In momenti difficili come questi nei quali una vera lotta all'evasione con particolare riguardo verso i grandi evasori e non una caccia alle streghe potrebbe contribuire a risanare i conti dello Stato. Stato che però non sempre anche per ragioni di garanzia, o meglio burocratiche non riesce ad essere efficace in tal senso.
Uno degli esempi in tal senso, dopo la possibilità paventata di ritassare i capitali rientrati attraverso il famigerato scudo fiscale, riguarda l'utilizzo di dati bancari provenienti da altri paesi e tra questi spicca su tutti quelli contenuti nella famosa "lista Falciani", trafugata dall'omonimo informatico della HSBC di Ginevra, e che contiene una serie di generalità e conti correnti di presunti evasori anche italiani.
Nella giurisprudenza nostrana sono già capitati ben tre casi nei quali si è presentata la possibilità di utilizzare i dati contenuti. Ma le decisioni dei giudici, come sovente accade sono state a dir poco contrastanti.
La prima vicenda è accaduta nell'ottobre 2011, nel Tribunale di Pinerolo quando il giudice Gianni Reynaud ritenne di archiviare un procedimento contro un presunto evasore fiscale, il cui nome era individuato nella lista che venne considerata "frutto di un'appropriazione indebita aggravata di documenti", una "raccolta illecita di informazioni", e quindi dunque inutilizzabile ai fini processuali.
Il secondo caso, accaduto nell'agosto 2012 ha visto protagonista la Commissione tributaria provinciale di Treviso che ha rigetta il ricorso di due contribuenti che avevano evaso il fisco. A nulla, in questo caso, al contrario è  valsa la motivazione dei ricorrenti circa l'inutilizzabilità dei dati a causa del metodo di acquisizione. Nel caso in questione la corte tributaria aveva stabilito la legittimità dell'acquisizione delle informazioni "conseguente a una rituale richiesta all'amministrazione fiscale francese, inoltrata attraverso i canali di collaborazione informativa internazionale nel pieno rispetto delle procedure e dei trattati".
L'ultimo caso è in linea con la prima decisione. Proprio ieri, la commissione tributaria regionale di Milano con la sentenza n. 11/20/13 ha rilevato che la Lista Falciani non sia utilizzabile dall'amministrazione finanziaria italiana perché acquisita in modo illegittimo. Sostanzialmente, per i giudici tributari e ordinari, il successivo invio anche attraverso i canali ufficiali di cooperazione non può sanare la violazione inizialmente commessa, ovvero il reato commesso da Hervé Falciani.
In attesa di conoscere il responso della giurisprudenza ulteriore, ma soprattutto di quella di legittimità è lecito chiedersi, si domanda Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" se in questo Paese, pur ritenendo indispensabile il rispetto delle leggi, delle prerogative e delle garanzie di ogni cittadino, si voglia veramente avviare una politica seria di lotta all'evasione soprattutto per ciò che riguarda i grandi capitali evasi il cui recupero potrebbe certamente garantire ampie risorse da destinare al Welfare di questa nazione massacrato dai tagli che sono sotto gli occhi di tutti.

INGROIA E LA PERCEZIONE DEL SE'


[Ingroia] spara contro i colleghi magistrati, in prima fila nello stigmatizzare la sua avventura politica: "L'unica spiegazione che posso dare è che ho detto sempre quello che pensavo anche affrontando critiche, criticando a mia volta la magistratura associata e gli alti vertici della magistratura. E' successo anche ad altri più importanti e autorevoli magistrati, a cominciare da Giovanni Falcone. Forse non è un caso - ha concluso Ingroia - che quando iniziò la sua attività di collaborazione con la politica le critiche peggiori giunsero dalla magistratura. E' un copione che si ripete".

estratto da LiberoQuotidiano


Il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini (Fotogramma)
«Come ha potuto Antonio Ingroia paragonare la sua piccola figura di magistrato a quella di Giovanni Falcone? Tra loro esiste una distanza misurabile in milioni di anni luce. Si vergogni». È il commento del procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, ai microfoni del TgLa7 condotto da Enrico Mentana contro l'ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, ora leader di Rivoluzione civile.
  LA REPLICA - «Non si è fatta attendere la replica dell'ex procuratore aggiunto di Palermo che dagli schermi di Ballarò respinge le accuse della sua ex collega: Probabilmente non ha letto le mie parole, s'informi meglio. Io non mi sono mai paragonato a Falcone, ci mancherebbe. Denunciavo soltanto una certa reazione stizzita all'ingresso dei magistrati in politica, di cui fu vittima anche Giovanni quando collaborò con il ministro Martelli. Forse basterebbe leggere il mio intervento»

.....

Certe persone si sentono importanti. Una di queste, per esempio, e' qua sotto (se non la trovi, scrivimi):





Il terzo segreto della finanza internazionale: Parmalat, MPS e...noi


Scopriamo adesso il giochino nascosto dietro al sistema bancario e l'atteggiamento parassitario della piccola grande finanza.

Quest'ultima, dopo avere:
1) utilizzato le banche come strumento per alterare le economie reali (vedi lo svuotamento ed il collasso di imprese tecnicamente floride, tramite infusioni di "sangue marcio", un sistema che ricorda quello del miscelamento dei rifiuti tossici al materiale per edilizia, sano), una volta distrutte queste,




2) si attacca direttamente alla mammella delle banche stesse (il caso MPS e' esemplare).


Il problema e': distrutte anche quelle, cosa resta  da mangiare per il parassita?

3) Risposta semplice : i risparmi ed i beni della gente! Ed e' quello che sta accadendo. Investite gente, investite...






Cosa c'entra in tutto questo la politica? Non tanto per il fatto di piazzare cani da guardia all'interno dei consigli di amministrazione, mansueti esecutori dei poteri delle lobbies, quanto perche' "infila" pesci muti laddove negli organi esterni di controllo, proprio laddove - invece - il controllo dovrebbe e potrebbe essere indipendente e forte: negli organi di vigilanza.

Leggete tra le riche questo articolo del corriere della sera, e troverete i  passaggi 2-3, che si evidenziano con i numeri:

Segue contributo estratto da: corriere della sera

2. "SISTEMA SOLIDO - Primo punto dell'intervento di Grilli è la rassicurazione sulla tenuta e la solidità del sistema bancario «uno dei punti forza riconosciuti dell'Italia. Le nostre banche hanno mostrato capacità uniche. Non sono necessari salvataggi. Non bisogna insinuare dubbi sulla solidità del sistema, non risponde a realtà. Neppure le vicende Mps modificano il quadro». E aggiunge: «Banca Monte dei Paschi di Siena ha una situazione patrimoniale complessiva solida e le tensioni che l'hanno riguardata non producono effetti sul sistema bancario nel suo complesso». Per il ministro «è indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del nostro sistema», perché, dice Grilli, «nonostante la gravissima crisi del 2008 e a differenza di Paesi a noi comparabili, in Italia le banche hanno mostrato una tenuta e una solidità unica, non richiedendo salvataggi pubblici come accaduto in altri paesi anche per decine di punti di pil»

CONTROLLI - Il caso Montepaschi, tuttavia, richiede proprio interventi di finanziamento. Grilli invita prima a distinguere le responsabilità individuali da quelle dell'istituto, riferimento ovvio a quanto le inchieste accerteranno a proprosito dei vertici di Mps negli anni passati. Ma va spiegato anche nelle sue origini, soprattutto per quanto riguarda la sorveglianza che non ha impedito una gestione rivelatasi rovinosa. «Le azioni di vigilanza nei confronti del Monte dei Paschi e della sua Fondazione - afferma Grilli - sono state continue e attente, con un'appropriata azione ispettiva da parte della Banca d'Italia iniziata nel 2010, con Draghi e proseguita nel 2011, nel 2012 e nel 2013 con l'attuale presidente Visco». [Nota del blogger: i casi sono due. Se sono stati attenti i vigilanti, o sono in male fede o sono incapaci. ]

3. MONTI BOND - La situazione odierna, figlia dell'acquisizione di Antonveneta, tuttavia non era emersa e ora il governo affida il sostegno della banca ai cosiddetti Monti bond. Un sostegno, questo, che in campagna elettorale trova non poche critiche. Ma Grilli precisa che «l'intervento dello Stato non si configura come un salvataggio di una banca insolvente ma come un rafforzamento del capitale, operazione fatta a favore dei risparmiatori della banca». La sottoscrizione di nuovi titoli «assoggetterà Mps a importanti e penetranti vincoli in termini di governance e operatività». Tra questi «limiti alle strategie commerciali e acquisizione partecipazioni. Divieto dividendi, vincoli a remunerazioni»."

Prepariamoci.

lunedì 28 gennaio 2013

SI VINCE DUE VOLTE


Consumi Si chiama IP tracking, «Le Monde» ha raccolto casi.

Se al secondo clic aumenta
il prezzo dei biglietti online

È possibile spiare l'utente tracciando il suo pc
I sospetti in Francia e le segnalazioni in Italia




http://www.corriere.it/tecnologia/cyber-cultura/13_gennaio_27/clic-secondo-aumenta-prezzo-biglietti-online-serra_8c82fee4-6843-11e2-b978-d7c19854ae83.shtml

È più di una sensazione se ce l'hanno in tanti. E il blog dedicato ai consumatori di Le Monde ha avuto il coraggio di darle voce. A chi non è mai capitato di andare a prenotare un biglietto online, verificare l'offerta e a distanza di poche ore trovare per la stessa tratta un prezzo più alto? Altra curiosa coincidenza: tra le 9 e le undici del mattino, orario in cui per definizione lavorano maggiormente le segreterie e i servizi generali delle imprese, i prezzi sono sempre più alti.
È una questione di algoritmi, dicono le compagnie di trasporto. È «IP tracking», dicono invece i lettori del quotidiano francese, cioè il modo con cui le aziende che fanno commercio elettronico sono in grado riconoscere il cliente: ne «tracciano» l'identità attraverso l'IP del computer. Le Ferrovie francesi, Sncf, hanno naturalmente negato, facendo piuttosto notare che si tratta di un «grande classico» di certi altri colleghi che operano sui binari dell'Europa, e delle compagnie aeree. Non AirFrance, però, a giudicare dalla sua replica.
IP TRACKING jpegIP TRACKING jpeg Mistero. Segnalato un po' ovunque, anche in Italia. «Abbiamo ricevuto qualche reclamo per comportamento non proprio cristallino da parte di diverse compagnie dei trasporti, soprattutto quelle low cost», racconta il presidente dell'Adusbef Elio Lannutti. Perché spesso basta il tempo di fare un giro di chiamate ai compagni di viaggio per accordarsi sulla data o dell'ok del capo per avere quel giorno libero in più e la spesa non è più la stessa: un allettante volo per Londra da 49 euro sale d'incanto a 79. Ufficialmente, non ci sono più posti disponibili a quella stessa tariffa. I lettori di Le Monde, tuttavia, hanno verificato che questa infelice coincidenza succede soltanto quando si prenota dallo stesso computer. Non succede quando ci si sposta sull'iPad del figlio o sulla postazione del collega.
AEREOAEREO «Tutti i siti di e-commerce sanno riconoscere l'IP del computer di chi si collega. È un sistema che ha il vantaggio di verificare l'identità di chi fa una transazione online», spiega l'avvocato Carlo Blengino, esperto di diritto digitale. «Le aziende tracciano le abitudini degli acquirenti attraverso i "cookies", dall'inglese "biscotti", che fungono da segugi. La direttiva europea del 2009 sulla e-privacy all'articolo 5 stabilisce che il loro utilizzo non è illegale se è funzionale a migliorare le prestazioni del sito e il servizio ai consumatori. Dunque non è tanto sorprendente che un'impresa ti riconosca, quanto piuttosto che usi a suo vantaggio questa informazione, per penalizzarti sul prezzo. Il vero problema è riuscire a dimostrarlo: bisognerebbe mettere le mani sui server».
TRENOTRENO Un modo ci sarebbe, secondo il legale Ernesto Belisario, autore del blog Diritto 2.0: «Basterebbe un esposto all'Autorità garante per le pratiche commerciali per far aprire un'istruttoria: ci sono gli estremi di scarsa trasparenza che determinano un comportamento dell'utente in modo ingannevole. È sicuramente una frontiera importante che non dobbiamo lasciare scoperta».
La Polizia postale e delle telecomunicazioni non ha ricevuto segnalazioni. E gli esperti del settore fanno notare che, qualora venisse dimostrato l'IP tracking, difficilmente sarebbe configurabile come reato: si tratterebbe di stratagemmi, a meno che non si vedesse una manovra più ampia di aggiotaggio.
La prova sul campo, comunque, assolve i nostri maggiori operatori. Scelta una data (il 12 aprile) per prenotare un viaggio di sola andata da Milano a Roma in treno o in aereo alle otto del mattino, tutti e tre i gestori scelti hanno confermato l'offerta trovata al primo clic, con anzi il caso virtuoso di Trenitalia che in seconda battuta metteva in vendita un prezzo ancora più basso del precedente.
«Non usiamo cookies per policy aziendale. Mediamente emettiamo un biglietto su tre a tariffa ridotta, su un monte complessivo mensile di un milione e mezzo», assicurano da Trenitalia. Alitalia impiega i cookies per fare re-marketing, cioè per capire dove piazzare i banner pubblicitari, mai l'IP tracking: «Troppo costoso. Se davvero fossimo in grado di riconoscere il cliente, magari alla quinta visita gli proporremmo il buono sconto. Sarebbe la soluzione più intelligente».

Vedi anche:
http://sosconso.blog.lemonde.fr/2012/12/07/vous-prenez-le-train-evitez-le-e-billet/

GIOCARE COGLI AEROPLANI, COSTA (fuori tema)





1)non si sa chi sia stato
2) si sa cosa sia avvenuto (forse)
3)...e comunque lo Stato avrebbe dovuto garantire che cio' non avvenisse. Problemi suoi come, quando e perche'. Avevamo colonnelli, generali e stati maggiori pagati per questo.
E adesso, finalmente, almeno ANCHE LO STATO PAGA
Solo moneta, che recuperera' dalle nostre tasse.

MA ALMENO PAGA LA MORTE DI CITTADINI INNOCENTI
PAGA LA CONNIVENZA DI APPARATI INCAPACI O COLLUSI
PAGA.



Ustica, lo Stato risarcirà le famiglie delle vittime

La Cassazione: «Non è stata garantita la sicurezza dei cieli»

dal Corriere della Sera

 

Il luogo in cui il Dc9 Itavia si è inabissato, tra Ustica e la costa palermitanaIl luogo in cui il Dc9 Itavia si è inabissato, tra Ustica e la costa palermitana
 
 
La strage di Ustica avvenne a causa di un missile e non di una esplosione interna al Dc9 Itavia con 81 persone a bordo, e lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. Lo sottolinea la Cassazione in sede civile nella prima sentenza definitiva di condanna al risarcimento. È la prima verità su Ustica dopo il niente di fatto dei processi penali. 

LA STRAGE - Il 27 giugno 1980, l'aereo dell'Itavia Douglas DC-9, decollato dall'Aeroporto di Bologna e diretto a Palermo si squarciò in volo all'improvviso e scomparve in mare. Dopo oltre trent'anni di inchieste, molti aspetti di questo disastro, tra i quali le cause stesse, non sono ancora stati chiariti. I procedimenti giudiziari per alto tradimento intentati contro alcuni vertici militari italiani che avrebbero ostacolato le indagini si sono conclusi con la completa assoluzione degli imputati. Il procedimento civile, giunto a conclusione con la sentenza della Cassazione, ha avuto invece vita a sé. E in questa sede è prevalsa la tesi del missile.

LA MOTIVAZIONE - Per la Cassazione, è difficile motivare se non con un missile l'abbattimento del Dc9, anzi la teoria «è abbondantemente e congruamente motivata». La sentenza 1871, depositata dalla Terza sezione civile della Suprema Corte, respinge i ricorsi con i quali il Ministero della Difesa e quello dei Trasporti volevano mettere in discussione il diritto al risarcimento dei familiari di tre vittime della strage, i primi a rivolgersi al giudice civile, seguiti - dopo - da quasi tutti gli altri parenti dei passeggeri del tragico volo. Senza successo i ministeri, difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, hanno per prima cosa tentato di dire che il disastro aereo si era ormai prescritto e poi che non si poteva loro imputare «l'omissione di condotte doverose in difetto di prova circa l'effettivo svolgimento dell'evento». La Cassazione ha replicato che «è pacifico l'obbligo delle amministrazioni ricorrenti di assicurare la sicurezza dei voli». Tesi avvalorate dalla Corte di Appello di Palermo nel primo verdetto sui risarcimenti ai familiari delle vittime depositato il 14 giugno 2010. Quanto alla prescrizione, il motivo è stato giudicato «infondato». Ad avviso della Suprema Corte, l'evento stesso dell'avvenuta vicenda della strage di Ustica «dimostra la violazione della norma cautelare». I supremi giudici sottolineano che non «è in dubbio che le Amministrazioni avessero l'obbligo di garantire la sicurezza dei voli». La Suprema Corte, dopo aver rigettato i ricorsi della Difesa e dei Trasporti, ha invece accolto il reclamo dei familiari delle tre vittime rinviando alla Corte di Appello di Palermo per valutare se possa essere concesso un risarcimento più elevato rispetto al milione e 240mila euro complessivamente liquidato ai familiari.


LE PISTE - Le piste investigative sulla strage di Ustica negli anni si sono suddivise principalmente fra l'ipotesi di un coinvolgimento internazionale (in particolare francese, libico e statunitense), di un cedimento strutturale o di un attentato terroristico (un ordigno esplosivo nella toilette del velivolo), supponendo l'esistenza di un collegamento con la strage di Bologna, avvenuta soltanto 35 giorni dopo, e dal cui aeroporto era decollato l'aereo dell'Itavia. Nel 2007 l'ex-presidente della Repubblica Cossiga, all'epoca della strage presidente del Consiglio, ha attribuito la responsabilità del disastro a un missile francese «a risonanza e non ad impatto» destinato ad abbattere l'aereo su cui sarebbe trovato il dittatore libico Gheddafi. Una ricostruzione fatta propria dai giudici di Palermo, di primo e secondo grado. E quindi dalla Cassazione.

LA DEMOCRAZIA RUSSA: PROCESSO AL MORTO. ESCLUSA L'AUTODIFESA (EN)

Russia tries whistleblower, despite his death

(SP)APPLE, E LA VIRTU': CODICE INTERNO PER IL LAVORO MINORILE.



Dopo i problemi in Borsa, per la Apple arriva anche l'imbarazzo degli operai bambini. Secondo un controllo interno fatto dalla stessa compagnia di Cupertino, l'anno scorso i suoi fornitori hanno usato il lavoro minorile in almeno 106 casi, dentro 11 fabbriche diverse, che si aggiungono ad altri 70 casi rilevati in passato. La situazione peggiore era in un'azienda cinese, dove lavoravano 74 bambini sotto l'età di 16 anni. Alcuni dei fornitori sono stati terminati, mentre tutti i minori sono stati riconsegnati alle loro famiglie.
OPERAIO SUICIDA DELLA FOXCONN FABBRICA APPLE jpegOPERAIO SUICIDA DELLA FOXCONN FABBRICA APPLE jpegFOXCONNFOXCONN La Apple ha circa 400 compagnie che producono o assemblano parti dei suoi prodotti. La maggioranza si trova in Asia, dove in passato avevano fatto particolare scalpore le condizioni di lavoro alla succursale taiwanese di Foxconn, dove erano avvenuti parecchi suicidi. Per evitare altri scandali, Cupertino ha avviato questa indagine interna, da cui sono emerse pratiche molto negative in diverse aziende. In alcuni casi, i bambini venivano assunti con la complicità delle famiglie, che aiutavano a falsificare i documenti.
PROTESTA ALLA FOXCONN FABBRICA APPLEPROTESTA ALLA FOXCONN FABBRICA APPLE In altri erano oggetto di un vero e proprio ricatto, perché le agenzie che li reclutavano confiscavano i loro stipendi, per pagare il prezzo dell'assunzione o debiti contratti in precedenza dalle famiglie. Quasi tutte le ragazze, poi, venivano sottoposte a test preventivi di gravidanza, per evitare di prendere giovani incinte che avrebbero creato problemi sul lavoro.
OPERAI ALLA FOXCONN FABBRICA APPLEOPERAI ALLA FOXCONN FABBRICA APPLE La Apple ha detto di essere intervenuta in tutti i casi scoperti. Il suo codice interno vieta di impiegare persone sotto i 15 anni d'età, o sotto l'età considerata legale per lavorare nel loro Paese, che in Cina è 16 anni. I bambini quindi sono stati riconsegnati alle famiglie, a spese di chi li aveva reclutati, e le sussidiarie che hanno commesso le violazioni più gravi sono state cancellate dall'elenco dei fornitori.
FOXCONN IL LATO OSCURO DI APPLEFOXCONN IL LATO OSCURO DI APPLE
 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/la-mela-del-peccato-fa-mea-culpa-sono-servite-decine-di-inchieste-e-parecchi-50013.htm

PARLIAMO DI INGROIA, MA.


ESTRATTI DA:  http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ingroia-spernacchiato-da-perna-la-quintessenza-dell-opaco-al-telefono-con-lappaltatore-aiello-legato-50004.htm


Il cinquantatreenne ex pm si autoproclama da sempre allievo prediletto di Paolo Borsellino. Agli esordi, fu effettivamente uno dei suoi sostituiti alla procura di Marsala. Non risulta però avessero legami speciali. Tra loro, c'era solo la simpatica atmosfera che un uomo ironico come Borsellino creava tra i colleghi.


Negli ultimi anni, Ingroia aveva trovato un confidente che gli andava a fagiolo: Massimo Ciancimino, figlio del mammasantissima Don Vito. Il giovanotto diceva qualsiasi cosa, consentendo al pm di incriminare a man bassa. Dalle inchieste entrava e usciva l'universo mondo, perfino il Cav e FI accusati di essere referenti delle coppole (di qui la class action dei lettori del Giornale).
Ingroia, euforico, definì Ciancimino jr «quasi un'icona antimafia». Il giocattolo si ruppe nel 2010 quando il giovanotto disse una balla imprudente su Gianni De Gennaro, l'intoccabile ex capo della polizia. A stretto giro, il bluff Ciancimino si sgonfiò. Si scoprì che aveva falsificato documenti, che teneva esplosivo in casa e nascondeva un tesoro in Romania. La bufera costrinse Ingroia, la coda tra le gambe, a incarcerare il suo protetto e, nel luglio 2012, a incriminare per mafia (concorso esterno) colui che aveva definito icona dell'antimafia.

Non è la sola leggerezza del nostro eroe che si precipita ovunque possa apparire. E inciampa come un bietolone. È accaduto con due procedimenti archeologici che si è incapricciato ad aprire. Con uno, accusò Totò Riina, da anni all'ergastolo, di avere ucciso Mauro De Mauro misteriosamente scomparso nel 1970. Ma fece fiasco con le prove e Riina per la prima volta in vita sua fu assolto.
La seconda farneticazione è del 2010. Ingroia si ficcò in capo che il bandito Giuliano anziché essere ucciso nel '50 era fuggito e al suo posto era stato sepolto un altro. Fece perciò riesumare il corpo per le analisi, passando giorni in tv a pavoneggiarsi. Nel gennaio di quest'anno è stato confermato che il Dna è quello di Giuliano. Fine della sceneggiata. Piacerebbe sapere quanto è costata.
Nel 2003 gli capitò una cosa sciocca ma che a un altro sarebbe valso un mare di guai, specie tra gli artigli di Ingroia. Dovendo ristrutturare la casa del padre, il pm si rivolse a tale Michele Aiello, appaltatore legato al boss Provenzano. Tra loro ci fu pure una telefonata in cui Ingroia, parlando di costi dei lavori si sentì rispondere: «Tranquillo dottore, ci pensiamo noi». Il colloquio fu intercettato ma senza conseguenze. Eppure fu proprio per la dimestichezza con quel tale Aiello che cominciarono le disgrazie di Totò Cuffaro, tuttora in carcere. Misteri siciliani.


Ingroia non è, ahi lui, un mostro di cordialità. Parlo da telespettatore. Ha l'aspetto polveroso e il tono beffardo. Fa le pulci a tutti e denigra, utilizzando conoscenze che gli derivano dalle inchieste («Dell'Utri non dice tutto quello che sa»), senza un briciolo di riservatezza. Si crede l'incarnazione della moralità al punto che ti viene da gridare al teleschermo: «Ma ci faccia il piacere».
GENERALE MORI GENERALE MORI In effetti, Ingroia è la quintessenza dell'opaco. Soffermiamoci sulla sua candidatura. Aveva appena assunto un impegno in Guatemala per conto dell'Onu. Doveva durare un anno, lo ha abbandonato dopo un mese. Una mancanza di serietà che la dice lunga sull'affidabilità del personaggio e che si riverbera su tutti noi. Pare di sentirli guatemaltechi e onusiani all'unisono: «I soliti italiani che danno solo sòle». E questo uno.
Poi ci sono gli inevitabili sconcerti di quando un magistrato entra in politica. Tolta la maschera, Ingroia si è confermato un sinistro al cubo. Viene allora spontaneo pensare che abbia incriminato il generale Mori, Dell'Utri, Mannino, Mancino, eccetera, per scelta politica e non per serena riflessione. Lo sapevamo, è vero, da anni. Però ci toccava tenercelo nel gozzo in assenza di prove.
Marcello Dell UtriMarcello Dell Utri Ora le abbiamo e possiamo gridarlo. Adesso è anche chiaro perché si è impegolato in processi teatrali: cercava la notorietà che è il primo ingrediente di chi vuole entrare in politica. A questo punto, che valore hanno i baracconi che ha messo in piedi? Per esempio, la super reclamizzata trattativa Stato-mafia, un calderone in cui Ingroia ha infilato di tutto senza approdare a nulla, a che altro è servito se non ad avere addosso i riflettori per anni? Ergo: tutto quel che il pm ha fatto, va preso con le molle.
CALOGERO MANNINOCALOGERO MANNINO Rimane inquietante l'interrogativo che Ingroia, nella sua connaturata ambiguità, non ha sciolto: tornerà un giorno in magistratura? Dio non voglia, ma il sistema glielo consente. Infatti, non si è dimesso. Ha solo chiesto l'aspettativa per tenersi aperta ogni strada. La iattura del rientro è, dunque, possibile.
L'unica speranza è un provvedimento che vieti finalmente il pendolarismo dei magistrati. Sempre che una legge sia una remora per un tipo peperino come Ingroia che delle regole se ne impipa. Tant'è che si è candidato a Palermo - dove era procuratore aggiunto - contro la norma che vieta alle toghe di presentarsi nel luogo in cui esercitano la giurisdizione (è l'inghippo che indignò Alessandro Sallusti nel battibecco tv).

ANTILOPE KOBBLER 2013 VA IN BANCA

1- BORDELLO MPS: TUTTI COINVOLTI, NESSUN COINVOLTO! LA CHIAMATA IN CAUSA DI PERSONALITÀ COME DRAGHI, VISCO, BASSANINI, AMATO E PERFINO IL CONTROLLORE EUROPEO DELL’EBA, ANDREA ENRIA, PORTA ACQUA AL MULINO DI CHI DIFENDE LA STABILITÀ DEL SISTEMA E NON VUOLE SPAZZOLARE FINO IN FONDO LE CASSAFORTI DELLA BANCA - 2- ORA È IL TURNO DEI “MEDIATORI” CHE HANNO INCASSATO GRASSE COMMISSIONI CON IL FOLLE ACQUISTO DI ANTONVENETA: DA JPMORGAN A MARCO CARDIA, FIGLIO DI LAMBERTO - 3- MANCANO ANCORA NOMI: ANDREA ORCEL, IL BANCHIERE CHE HA GIOCATO SU DUE TAVOLI IN POCHI GIORNI. PRIMA SU QUELLO DI SANTANDER, POI SU MPS, COME ADVISOR - 4- E POI RUGGERO MAGNONI, IL FINANZIERE IN DISGRAZIA PER IL CRAC FAMILIARE, CHE LAVORAVA A NOMURA QUANDO SONO STATI VENDUTI AL MONTEPASCHI I DERIVATI TOSSICI - 5- IL RUOLO DELLA FIGLIA DI EMILIO BOTIN, ANA PATRICIAS, CHE SEDEVA NEL CDA DELLE GENERALI E FU DETERMINANTE NEL RIFILARE A RCS IL PACCO RECOLETOS (1 MILIARDO DI BUCO) -


MUSSARIMUSSARI GIUSEPPE MUSSARI E MARIO DRAGHI tremonti-mussari-draghiTROVA L'INTRUSO: tremonti-mussari-draghi


TRATTO DA DAGOSPIA

Più si allarga il cerchio dei colpevoli e più aumentano le possibilità che alla fine di questo enorme casino a Siena si ricomporrà quel "groviglio armonioso" che passa attraverso le complicità della politica con i poteri oscuri i cui confini vanno ben oltre le mura della città.
MUSSARI GRILLI GUZZETTI VISCO resizeMUSSARI GRILLI GUZZETTI VISCO resize

D'altra parte questa è una vecchia tecnica che è stata utilizzata per coprire in Italia molti scandali e la chiamata in causa di personalità come Draghi, Visco, Tremonti, Amato e perfino del controllore europeo dell'Eba, Andrea Enria, porta acqua al mulino di chi difende la stabilità del sistema e non vuole spazzolare fino in fondo le cassaforti della Banca. In questa logica non sembra un caso che l'attenzione si sia spostata sui dirigenti "infedeli" e sulla folta schiera degli intermediari che hanno trafficato quando Montepaschi ha acquistato l' Antonveneta per 10,3 miliardi da quel furbacchione spagnolo di nome Botìn.

Non a caso i giornali da oggi hanno spostato il tiro sul management e sugli intermediari dell'epoca. Così si può leggere che l'ex-direttore generale Vigni ricorda di essere il figlio di un contadino e di aver trovato i derivati quando assunse il ruolo di braccio destro di Peppiniello Mussari. Ed è commovente leggere che a suo avviso "col senno di poi l'operazione Antonveneta era inopportuna".
GIULIANO AMATO E GIUSEPPE MUSSARIGIULIANO AMATO E GIUSEPPE MUSSARI Accanto a lui si difende anche Gianluca Baldassarri, l'ex-direttore finanziario portato a Siena nel 2001 da De Bustis, che con una letterina inviata ieri sera a quel sito disgraziato di Dagospia irride sul suo ruolo e sui precedenti professionali scrivendo testualmente: "quando tutto il polverone si sarà posato e le carte saranno sul tavolo, ci sarà da ridere".




Andrea EnriaAndrea Enria Questa sicurezza così ostentata è la stessa che si trova sulla bocca di Alessandro Daffina, il 53enne capo di Rothshild in Italia che si vanta di aver fatto da tramite tra il banchiere spagnolo Botìn e Peppiniello Mussari. Così mentre il "Corriere della Sera" tira in ballo anche Marco Cardia, il figlio dell'ex-presidente della Consob Lamberto, un avvocato che si occupò di alcuni aspetti dell'operazione per conto di MontePaschi, dietro le quinte rimangono soltanto un paio di finanzieri che qualche parte devono averla avuta in tutta la vicenda.
Uno di questi è sicuramente Andrea Orcel, il banchiere romano che piaceva tanto ad Alessandro Profumo e che, dopo 20 anni trascorsi a Bank ok America-Merrill Lynch, a marzo dell'anno scorso si è insediato al vertice della svizzera Ubs. Il suo ruolo non è ancora balzato alle cronache, ma c'è chi giura che non è stato affatto irrilevante perché nella vicenda di Antonveneta ha giocato su due tavoli. Prima su quello di Santander che conosceva benissimo fin dai tempi dell'acquisizione di questa banca da parte degli olandesi di Abn Amro, e successivamente come advisor di MontePaschi nell'acquisizione della stessa dal furbo Botìn.
Emilio BotinEmilio Botin In pratica Orcel è saltato da un cliente all'altro nel giro di pochi giorni , ma finora di lui non si è parlato e non si è fatto alcun cenno alla presunta appartenenza all'Opus Dei e all'amicizia con i due big di questa associazione, l'italiano Gotti Tedeschi e lo spagnolo Botìn.
gianluca baldassarrigianluca baldassarri(ridente).
:-)  Un ridente Gianluca Baldassarri 

Qualcosa si potrebbe dire anche su quell'altro finanziere che si chiama Ruggero Magnoni che lavorava a Nomura quando sono stati venduti a MontePaschi i derivati tossici sui Btp. Magnoni è l'uomo che ha partecipato alla scalata Telecom da 100mila miliardi di lire di Colaninno e di Chicco Gnutti, ed è un amico non solo di Draghi ma anche di Rodolfo De Benedetti, ma poiché le sue azioni sono in netto declino per il crac della holding di famiglia, giornali come "Repubblica" pensano bene di non chiamarlo in causa.
(...)

Lamberto CardiaLamberto Cardia Il quasi 80enne banchiere spagnolo, nato a Santander e padre di sei figli, ha rifilato due pacchi meravigliosi agli insipienti banchieri e manager italiani. Il primo è quello di cui si parla in questi giorni e che è stato confezionato con la complicita' dei dirigenti "infedeli" di MontePaschi e degli zelanti maestri della finanza creativa.
Andrea OrcelAndrea Orcel Il secondo pacco è la vendita del gruppo editoriale spagnolo Recoletos alla Rcs del "Corriere della Sera". In questa vicenda un ruolo importante lo svolse la figlia di Botìn Ana Patricias che sedeva nel consiglio di amministrazione delle Generali e fu determinante nel convincere la casa editrice milanese a comprare per 750 milioni di euro la Recoletos contro il parere di Colao Meravigliao. Quest'ultimo ha sempre considerato folle l'improvvida acquisizione e si è poi dimesso lasciando sulle spalle del successore Antonello Perricone un buco da un miliardo di euro.
GIUSEPPE MUSSARI ETTORE GOTTI TEDESCHIGIUSEPPE MUSSARI ETTORE GOTTI TEDESCHI
(...)
L'esito finale della vicenda ,che domani alle 15 sarà ripercorsa nei dettagli in Parlamento dall'incauto e pallido ministro Grilli, è scontato. L'elenco delle vittime ce l'hanno ben stretto sotto le tute da fantino. Adesso si tratta di capire soltanto quale sarà il luogo dell'esecuzione che è iniziata nel maggio scorso quando Milena Gabanelli nelle vesti di Robespierre inaugurò la stagione del Terrore senese.
Ruggero MagnoniRuggero Magnoni Il luogo ideale sarebbe la Piazza del Campo, la nuova Bastiglia dove si farà giustizia del boccoluto Mussari, del povero figlio di contadini Antonio Vigni, e del ragioniere della Asl, Gabriello Mancini. Se poi si volesse dare qualche soddisfazione in più alla plebe e al popolo bue degli azionisti allora si potrebbero aggiungere il De Bustis amico di D'Alema e quel poveraccio di Franco Bassanini che respinge l'accusa di essere un massone, ma si è già fottuto la poltrona della Cassa Depositi e Prestiti.
Sarà comunque uno spettacolo che segnerà la fine di un'epoca e dovrà mettere le basi per un nuovo "groviglio armonioso" che nessun Draghi, Napolitano, Amato, Tremonti, Monti e Berlusconi avra' la forza di liquidare per sempre.
L'ultima parola la diranno comunque i magistrati e Ignazio Visco, il Governatore "ingannato" che tra due sabati interverrà a Bergamo al tradizionale appuntamento del Forex...L'attesa e' grande.

CIHUDERE LA PORTA DELLA mpStalla... i buoi $ono gia' $cappati

Il patto con Santander e Jp Morgan
Adesso spunta una lettera segreta

Tra i testimoni Cardia, figlio dell'ex presidente Consob: L'accordo per far salire il titolo e nuove speculazioni sospette

 

 http://www.corriere.it/economia/13_gennaio_28/patto-santander-jpmprgan_382e3800-6914-11e2-a947-c004c7484908.shtml

 

 ROMA - Un patto tra acquirente e venditore per truccare i conti e far salire il prezzo di Antonveneta. Un accordo non scritto tra gli spagnoli del Santander e gli italiani di Monte Paschi per dividersi la «plusvalenza» di quell'affare. Gli atti contabili, le comunicazioni interne, le relazioni trasmesse agli organi di vigilanza sequestrate otto mesi fa per ordine della magistratura di Siena e analizzate dagli specialisti della Guardia di Finanza, hanno consentito di trovare indizi concreti su questo intreccio illecito. E di aprire una nuova fase d'indagine che si concentrerà sui testimoni da ascoltare. Personaggi che potrebbero conoscere dettagli inediti di quanto accadde nel 2007 quando Santander acquistò la banca per 6,3 miliardi di euro e appena due mesi dopo riuscì a venderla a Mps per 9,3 miliardi di euro con un'aggiunta di oneri che fecero lievitare la cifra a 10,3 miliardi. Un ulteriore miliardo che potrebbe rappresentare la «stecca» aggiuntiva e coinvolge direttamente Jp Morgan.

L'armadio dei documenti - Nell'elenco c'è anche il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior e da vent'anni responsabile di Santander per l'Italia che ha più volte incontrato l'ex presidente Giuseppe Mussari, come dimostrano le agende sequestrate a quest'ultimo. Lo scorso anno, indagando sui conti dell'Istituto opere religiose, le Fiamme gialle sequestrarono nel suo ufficio un armadio pieno di documenti sulle operazioni condotte da Santander nel nostro Paese. E contenevano i nomi di alcuni consulenti che negli anni hanno affiancato l'istituto spagnolo e potrebbero aver avuto un ruolo importante anche nella vendita di Antonveneta. Tra i nomi spicca quello di Marco Cardia, avvocato che si occupò di alcuni aspetti dell'acquisizione per conto di Mps all'epoca in cui suo padre Lamberto era presidente della Consob. Sono diverse le persone che in questi mesi avrebbero già aiutato gli uomini del Nucleo valutario a ricostruire il percorso dei soldi. Denaro trasferito all'estero e in parte fatto rientrare grazie allo scudo fiscale. Ma ancora molto ne manca all'appello e soprattutto altre speculazioni sono state effettuate negli ultimi mesi. Per questo, come viene confermato dai magistrati senesi, si continua a indagare pure per aggiotaggio. Non escludendo che anche in queste ore ci siano nuove manovre illecite sul titolo. Testimone chiave in questa fase si è dimostrato Nicola Scocca, l'ex direttore finanziario della Fondazione che sarebbe stato interrogato già quattro volte.
Il patto tra le banche - Sono gli ordini di perquisizione notificati il 9 maggio scorso a svelare quale sia il nocciolo dell'inchiesta. E per quale motivo siano finiti nel registro degli indagati l'ex direttore generale Antonio Vigni e gli ex sindaci Tommaso Di Tanno, Leonardo Pizzichi e Pietro Fabretti. Adesso l'indagine si è allargata coinvolgendo Mussari, il presidente della Fondazione Gabriello Mancini, l'ex direttore generale dell'ente Mario Parlangeli e l'attuale, Claudio Pieri. E con un faro acceso sull'attività di Gianluca Baldassarri, direttore dell'Area finanza fino allo scorso anno. Dopo l'esborso di oltre 10 miliardi e l'accollo dei debiti per ulteriori otto miliardi, bisogna ripianare il bilancio. Le ricapitalizzazioni e i prestiti del Tesoro non sono evidentemente sufficienti. E così i titoli Mps in portafoglio alla Fondazione finiscono in pegno a undici istituti di credito, una sorta di cordata guidata da Jp Morgan che coinvolgeva anche Mediobanca. I finanziamenti arrivano attraverso contratti di Total Rate of Return Swap (Tror) e per questo i magistrati chiedono ai finanzieri di sequestrare le «note propedeutiche agli accordi di stand still siglati con la Fondazione, la documentazione relativa alle contrattazioni che hanno determinato il rilascio di garanzie in favore delle banche o del "Term loan" da parte della Fondazione Mps, la loro novazione, documentazione concernente il ribilanciamento del debito contratto dalla Fondazione».

Le manovre speculative - L'esame dei documenti effettuato in questi otto mesi dimostra che per sanare la voragine nei conti aperta con l'acquisto di Antonveneta furono messe in piedi operazioni ad altissimo rischio come i bond fresh del 2008 e quelle sui derivati. Ma non solo. I magistrati sono convinti che il valore delle azioni sia stato gonfiato dai dirigenti di Mps e che queste manovre speculative siano andate avanti anche negli anni successivi, in particolare tra giugno 2011 e gennaio 2012.
Obiettivo: nascondere un disastro finanziario che i vertici del Monte Paschi avevano invece escluso. Non a caso nei decreti di perquisizione del maggio scorso viene evidenziato come «la documentazione acquisita e le informazioni testimoniali fanno emergere l'ostacolo all'attività di vigilanza della banca d'Italia poiché risulta che organi apicali e di controllo di Mps, contrariamente al vero rappresentavano che la complessiva operazione realizzava il pieno e definitivo trasferimento a terzi del rischio d'impresa e che la stessa non contemplava altri contratti oltre quelli già inviati».

Il falso su Jp Morgan - Agli atti c'è una lettera trasmessa il 3 ottobre 2010 dal direttore generale di Mps Vigni a Bankitalia sull'aumento di capitale da un miliardo riservato a Jp Morgan. Dieci giorni prima Palazzo Koch aveva chiesto «delucidazioni circa la computabilità della complessiva operazione di rafforzamento patrimoniale da un miliardo di euro nel core capital ». Vigni risponde che «in ordine all'assorbimento delle perdite Jp Morgan ha acquistato le proprietà delle azioni senza ricevere alcuna protezione esplicita o implicita dalla Banca». Affermazioni «non rispondenti al vero» secondo i pubblici ministeri che contestano al direttore generale di aver mentito «anche sulla flessibilità dei pagamenti riconosciuti alla stessa Jp Morgan». E di aver provocato un'ulteriore, gravissima perdita finanziaria a Mps.

domenica 27 gennaio 2013

MPS: COSA $APEVA DRAGHI?

1. TREMONTI OSA L’INOSABILE: ATTACCARE ALLE SUE RESPONSABILITà L’EX GOVERNATORE DRAGO DRAGHI. ED EU-GENIO SCALFARI S’INALBERA: ‘MA NON SPETTAVA ALLA BANCA D'ITALIA DARE OPINIONI E TANTOMENO PRESCRIZIONI SUL PREZZO DELL’ANTONVENETA”
2. IL FONDATORE NON SI RICORDA CHE LE ISPEZIONI DI BANKITALIA A MPS AVEVANO GIÀ MESSO TUTTO NERO SU BIANCO E CHE CHI SAPEVA E DOVEVA INTERVENIRE ERA DRAGHI CON LA VIGILANTE TARANTOLA. "FINANCIAL TIMES" E REUTERS SE NE ACCORGONO MA IN ITALIA NESSUNO HA IL CORAGGIO DI SCOMODARE IL PANTHEON DEI SANTI SALVATORI DELLA PATRIA


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1. DAGOREPORT - PAROLA D'ORDINE: NON PARLARE DI DRAGHI E DI MONTI TIRARE IN BALLO GIULIETTO CHE NON COLLABORA A NASCONDERE LA POLVERE
Eu-Genio Scalfari svirgola l'abituale predica domenicale puntando la silhouette di Giulietto Tremonti. L'ex ministro dell'Economia "è oggi uno dei protagonisti nella strumentalizzazione di questo scandalo. Il suo obiettivo è coinvolgere Draghi nella vicenda. Ma non spettava alla Banca d'Italia dare opinioni e tantomeno prescrizioni sul prezzo dell'Antonveneta".
MARIO DRAGHI E TREMONTIMARIO DRAGHI E TREMONTI tremonti-mussari-draghi rio55_bigtremonti-mussari-draghi rio55_bigMASSIMO D'ALEMA ENRICO LETTA - copyright PizziMASSIMO D'ALEMA ENRICO LETTA - copyright PizziLOGO ANTONVENETALOGO ANTONVENETA Il Fondatore non si ricorda che le ispezioni della Bankitalia a MPS avevano già messo tutto nero su bianco e che chi sapeva e doveva intervenire era Mario Draghi con la sua vigilante Anna Maria Tarantola. Il Financial Times e la Reuters se ne accorgono ma in Italia nessuno ha il coraggio di scomodare il Pantheon dei santi salvatori della Patria.

Alla lotta si sono uniti anche Enrico Letta e Francesco Boccia che nella trasmissione ‘'l'Ultima Parola'' su Rai2 ha detto che "un contratto derivato fatto da Giulio Tremonti è costato allo stato italiano € 2,5 mld di Euro". Gianluigi Paragone al termine della trasmissione consegna a Boccia l'articolo di Dagospia nel quale dimostriamo che il derivato che è costato agli Italiani più della metà dell'IMU è stato chiuso il 10 gennaio 1994 durante il Governo Ciampi con Draghi saldamente alla guida del Ministero del Tesoro.

Nel disperato tentativo di coinvolgere Giulietto partecipa anche Luigi Berlinguer su Repubblica che dice: "Mussari presidente dell'Abi? Chiedete a Tremonti era Lui ministro del tesoro all'Epoca". E perché al Tesoro e non alla Banca d'Italia?

La presunta tangente da due miliardi sparata da Repubblica in prima pagina pone altri interrogativi su Bankitalia che non hanno niente a vedere con il Tesoro:

1) L'operazione alla base della transazione sospetta è l'acquisto di una controllata di Antonveneta, Interbanca, operazione autorizzata dalla Bankitalia di Draghi.
Ruggero MagnoniRuggero Magnoni berlinguer luigi 001berlinguer luigi 001DRAGHI E TREMONTIDRAGHI E TREMONTI 2) A rileggere i commenti di tutti gli analisti il prezzo pagato "a sportello" per Antonveneta era esorbitante. Ma a Via Nazionale leggono i giornali economici o solo la Gazzetta dello Sport ?
3) L'ex responsabile dell'area finanza di MPS Baldassari è indagato (secondo Plus24 di sabato 26) dalla Procura di Milano sin dal 2008 per operazioni sospette con brokers esteri. Possibile che senza mai perquisire MPS se ne siano accorti i PM di Milano e non Bankitalia?
4) Fino a quando il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco continuerà ad avvalersi della ex (?) addetta stampa di Draghi che continua a telefonare ai direttori dei giornali in nome e per conto del precedente Governatore ?
5) Chi ha convinto Draghi a dare il via libera all'operazione Antonveneta? Magari, forse, magari il banchiere Ruggero Magnoni di Nomura?
monti mussari visco interna nuovamonti mussari visco interna nuova 6) Come mai il vicepresidente del Monte Francesco Gaetano Caltagirone, sempre così attentissimo ai suoi affari, accettò di dare il via libera all'operazione da 10, 6 miliardi di euro di Antonveneta? E' vero che Caltagirone incassò poi i voti di Mussari per la sua nomina a vicepresidente di Generali?
7) Come mai il collegio sindacale di Mps presieduto dall'editorialista del "Messaggero" Tommaso Di Tanno, vicino a Vincenzo Visco e a Massimo D'Alema (altro editorialista del "Messaggero") non chiese approfondimenti sul prezzo folle di Antonveneta e votò a favore?
IGNAZIO VISCO- CECCHERINIIGNAZIO VISCO- CECCHERINI 8) Perché l'eminente studioso delle scienze tributarie Di Tanno ricorda solo ora che la ‘due diligence' preventiva sulla banca veneta non fu fatta?
Tommaso Di TannoTommaso Di Tanno 9) Perché le violente proteste del consigliere di Mps Lorenzo Gorgoni, l'unico contrario all'acquisizione di Antonveneta, non furono ascoltate?
10) Chi utilizzò il proprietario del Santander e Antonveneta l'opus-dei Botin per far pressione su Mussari e Caltagirone? Per caso l'opus-dei Gotti Tedeschi?

Furio Colombo e Eugenio ScalfariFurio Colombo e Eugenio Scalfari 2. LA PANNA MONTATA E LO SCANDALO DI SIENA
di Eugenio Scalfari per Repubblica


La campagna elettorale cui stiamo assistendo, in attesa di esercitare il nostro diritto al voto come cittadini attivi, è una delle più terremotate della storia repubblicana: populismi di varia natura che hanno come unico obiettivo l'abbattimento totale delle istituzioni; agende futuribili che si prefiggono traguardi di crescita ambiziosi, ma sorvolano sui mezzi con cui recuperare le necessarie risorse; resurrezioni di personaggi che sembravano ormai politicamente spenti e che si ripropongono alla ribalta confidando nella corta memoria degli italiani; una legge elettorale che "porcata" fu chiamata dal suo autore e "porcata" rimane.
BANCA ITALIABANCA ITALIA Ma come se tutto ciò non bastasse, a turbare ulteriormente il clima elettorale scoppia lo scandalo Monte dei Paschi e diventa inevitabilmente dominante in una scena già così movimentata. Non starò a ripercorrerne la storia, da una settimana è al centro dell'attenzione ed è stata raccontata e variamente commentata per quanto finora era possibile; ma non tutti i fatti sono noti e la Procura di Siena sta indagando e salvaguarda scrupolosamente il segreto istruttorio su una materia così incandescente.
Le linee essenziali della vicenda sono tuttavia evidenti: un gruppo di mascalzoni si impadronì della fondazione e della banca, si dedicò ad operazioni arrischiate di finanza speculativa, falsificò i bilanci, occultò le perdite e probabilmente lucrò tangenti e altrettante ne distribuì.
I poteri di vigilanza fecero quanto era in loro potere scontrandosi con i suddetti mascalzoni i quali avevano nascosto i documenti compromettenti per rendere più difficile l'accertamento della verità.
TOMMASO DI TANNOTOMMASO DI TANNO CAROSIO VISCO LA VIA TARANTOLA SACCOMANNI ALL ASSEMBLEA DI BANKITALIACAROSIO VISCO LA VIA TARANTOLA SACCOMANNI ALL ASSEMBLEA DI BANKITALIA Ora finalmente la situazione è più chiara, la banca è stata affidata a mani sicure, i mascalzoni hanno un nome, la magistratura è all'opera; 150 dirigenti dei settori più compromessi sono stati licenziati, l'assemblea degli azionisti si è riunita, ha votato all'unanimità un aumento di capitale ed ha chiesto alla Banca d'Italia di erogare il prestito denominato Monti-Bond che sarà utilizzato per l'aumento di capitale insieme alla sottoscrizione degli azionisti. Il titolo quotato in Borsa, che nei primi tre giorni dello scandalo aveva complessivamente perso il 21 per cento, è risalito venerdì dell'11 per cento.
La banca non è a rischio di fallimento e i depositi del pubblico sono al sicuro. Restano da individuare con esattezza gli errori, gli eventuali reati e le responsabilità, ma resta soprattutto da rivedere il problema delle fondazioni bancarie in genere e di quella di Siena in particolare.
Nel frattempo il tema Monte dei Paschi ha deflagrato come una bomba nella campagna elettorale; la destra con i suoi giornali e le sue televisioni lo usa come una clava contro i "comunisti" del Pd e anche Monti lo utilizza con molta spregiudicatezza; il Pd lo ritorce con altrettanta energia; i populisti se ne avvalgono come uno strumento contundente.
Tutto ciò è sotto gli occhi della pubblica opinione e c'è poco da aggiungere salvo che dietro questo assordante clamore alcuni punti non sono stati ancora chiariti. Si tratta di punti essenziali ed è su di essi che vogliamo oggi concentrare l'attenzione.
MPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENAMPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA bassanini - amatobassanini - amato La prima questione riguarda gli effetti che lo scandalo Monte dei Paschi determina nell'opinione pubblica internazionale. C'è molta perplessità tra gli osservatori qualificati, banchieri, operatori, giornali qualificati. Si riteneva che il sistema bancario italiano fosse il più solido e quello che meglio aveva tenuto nelle agitate acque della crisi iniziata quattro anni fa col fallimento della Lehman Brothers, ma la vicenda Monte dei Paschi - gonfiata oltre la realtà dalle zuffe elettorali - ha intaccato la fiducia che ci era stata accordata.
Speriamo che le dichiarazioni della Banca d'Italia e la pulizia in corso da parte dei nuovi dirigenti di Monte dei Paschi dissipino le perplessità degli investitori esteri e dei mercati. Lo vedremo domani. Certo non ha ben disposto il fatto che proprio quel Mussari che è all'origine dello scandalo senese sia stato eletto un anno fa alla guida dell'Associazione delle Banche italiane (Abi) dopo esser stato estromesso dalla presidenza di Monte dei Paschi. I banchieri che lo hanno eletto non sapevano nulla di quanto era accaduto a Siena? Erano ciechi e sordi oppure non davano gran peso a così gravi errori e agli eventuali reati che ne sarebbero conseguiti?
Prodi e CiampiProdi e Ciampi ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLAALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA La seconda questione che va chiarita riguarda la fondazione che controlla il Monte dei Paschi. Unica tra tutte le fondazioni italiane essa nomina la quasi totalità del consiglio d'amministrazione della banca. E qui bisogna fare un passo indietro. Sulle fondazioni bancarie ci sono state due leggi, una fatta da Giuliano Amato nel 1990 e l'altra da Ciampi quando era ministro dell'Economia nel governo Prodi. Poi, nel 2003, una sentenza della Corte Costituzionale.
Il tema principale delle leggi e della sentenza riguardava i compiti e i poteri delle fondazioni e l'assetto definitivo della proprietà delle banche. Ciampi mirava alla privatizzazione; nella sua visione le fondazioni rappresentavano un ponte in attesa che il mercato registrasse un interesse ad intervenire. Nel frattempo le fondazioni avrebbero dovuto rappresentare la presenza territoriale e professionale nella dirigenza delle banche, lasciando adeguato spazio ad altri azionisti privati.
AMATO BASSANINIAMATO BASSANINI Nel 2001 tuttavia questo criterio fu modificato da Tremonti, appena arrivato alla guida del Tesoro. Nella legge finanziaria di quell'anno fu stabilito che gli Enti locali avevano diritto di nominare tutti i dirigenti delle fondazioni. Si trattava di fatto di una pubblicizzazione delle fondazioni e quindi delle banche da esse controllate, del tutto opposto ai criteri di privatizzazione della legge Ciampi. La reazione degli interessati fu il ricorso alla Consulta la quale bocciò le disposizioni di Tremonti ripristinando i criteri della legge Ciampi. Ma perché Tremonti aveva scelto un criterio che dava tutto il potere agli Enti locali?
Probabilmente glielo aveva chiesto la Lega ma su questo tema il "superministro" è sempre stato coerente: il potere pubblico deve essere determinante nella politica bancaria e quindi nella proprietà degli istituti e nelle fondazioni. Per questo rifiutò sempre le richieste della Banca d'Italia (allora presieduta da Mario Draghi) di poter revocare gli amministratori delle banche quando si dimostrassero responsabili di illegalità particolarmente gravi.
TREMONTI E MONTITREMONTI E MONTI Si oppose altresì ad aumentare i poteri di vigilanza dell'Istituto centrale. Infine creò i Tremonti-bond, cioè prestiti alle banche che avessero bisogno di liquidità, convertibili in azioni e quindi all'ingresso diretto dello Stato.Tremonti, non a caso, è oggi uno dei protagonisti nella strumentalizzazione di questo scandalo. Il suo obiettivo è evidente e risulta dalle sue più recenti dichiarazioni: vuole coinvolgere Draghi nelle vicende Monte dei Paschi. In che modo?
La vicenda ebbe inizio con l'acquisto dell'Antonveneta da parte di Mussari (Monte dei Paschi). L'operazione doveva essere autorizzata dalla Banca d'Italia non tanto nel merito quanto nella capacità patrimoniale dell'istituto richiedente. Era l'autunno del 2007, non era ancora scoppiata la bolla immobiliare americana, i mercati erano tranquilli, Monte dei Paschi era la terza banca italiana ed aveva tutti i requisiti per estendere la sua influenza, ma Draghi per maggior prudenza condizionò l'autorizzazione ad un aumento di capitale, Mussari accettò, Monte dei Paschi fece l'aumento di capitale sottoscritto in massima parte dalla fondazione e l'operazione fu fatta. Il prezzo era alto?
TREMONTI E MONTITREMONTI E MONTI MARIO MONTI E GIUSEPPE MUSSARI jpegMARIO MONTI E GIUSEPPE MUSSARI jpeg Certo, ma Mussari si aspettava che Antonveneta fruttasse un profitto annuo di 700 milioni con il quale in breve tempo Monte Paschi sarebbe rientrata da un investimento di quelle dimensioni. Comunque non spettava alla Banca d'Italia dare opinioni e tantomeno prescrizioni sul prezzo. Avanzo a questo punto una mia personale opinione: Tremonti ha un conto in sospeso con Draghi; il suo obiettivo oggi è di coinvolgerlo nella vicenda Monte dei Paschi. Farà il possibile per realizzare quell'obiettivo che è non solo infondato ma recherebbe gravissimo danno all'Europa e all'Italia. Spero di sbagliarmi e sarò lieto di poterlo constatare.
Si pone tuttavia una terza e nient'affatto marginale questione che riguarda Mario Monti. Nelle campagne elettorali bisognerebbe evitare, come nella boxe, i colpi sotto la cintura, tanto più tra forze politiche destinate ad allearsi in un prossimo futuro. Ma Monti di colpi sotto la cintura ha cominciato a darne: giovedì scorso ha detto che la vicenda Monte dei Paschi riguarda direttamente il Pd. Contemporaneamente ha detto che il suo "movimento" farebbe volentieri alleanza post-elettorale con il Pdl purché epurato dalla presenza di Berlusconi.
BERLUSCONI MONTIBERLUSCONI MONTI BERSANI E MUSSARIBERSANI E MUSSARI È evidente l'obiettivo: scomporre e ricomporre la vecchia "strana maggioranza" da lui presieduta dal novembre del 2011 fino al febbraio 2013. Bersani sì ma senza Vendola; Alfano sì ma senza Berlusconi e Monti federatore di moderati e riformisti. La vicenda Monte dei Paschi, purché fatta montare come la panna, aiuta; quanto a Berlusconi, lui è disposto a tutto purché gli si dia un salvacondotto giudiziario ed economico. E chi glielo negherà? Monti no di certo, Casini meno ancora perché vuole la presidenza del Senato e poi, chissà...