martedì 5 marzo 2013

Renzi e la poltronissima



LA CORSA DI RENZI - IL ROTTAMATORE SBARCA A ROMA “PER INCONTRI ISTITUZIONALI” E PER “BALLARÒ”. MA NON SARÀ NEL POLLAIO IN STUDIO: FLORIS LO INTERVISTA A PARTE - DOPO LE PAROLE DI BERSANI DA FAZIO (“AVRÀ UN RUOLO”) MATTEO GIOCA LA SUA PARTITA TRA PROPOSTE E RIUNIONI IN VISTA DELLA DIREZIONE DI DOMANI - “PIANO R”: IN CASO DI VOTO ANTICIPATO IL PD ANDRÀ ALLE URNE CON RENZI LEADER - FASSINA ULTIMO GIAPPONESE DI BERSANI: “LA FIGURA PIÙ FORTE PER LA CAMPAGNA ELETTORALE” (CIAO CORE)…

CARRO ALLEGORICO MATTEO RENZICARRO ALLEGORICO MATTEO RENZI1. RENZI A ROMA PER "INCONTRI ISTITUZIONALI"
Matteo Renzi @matteorenzi
Verso Roma per incontri istituzionali. Stasera intervista con #Floris a @RaiBallaro

2. RAI3: LUPI, PUPPATO, RENZI E CROCETTA A BALLARO'
(ANSA) - Il Movimento 5 Stelle sbarca a Montecitorio mentre la politica si chiede se e come una legislatura appena nata può andare avanti. Intanto dello spread non parla più nessuno, degli esodati neanche, le tasse sembrano passate di moda. Eppure tutto è ancora lì e a parlarne è Ballarò nella puntata in onda martedì 5 marzo alle 21.05 su Rai3.
MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIOMATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIO Tra gli ospiti Maurizio Lupi del PdL, Laura Puppato del Pd, il fondatore del "Movimento per la decrescita felice" Maurizio Pallante, l'economista Alessandra Fogli, il presidente della Fieg e dell'Ansa Giulio Anselmi, l'editorialista di 'Repubblica' Concita Di Gregorio, il presidente della Ipsos Nando Pagnoncelli. Interverrà anche il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, mentre Giovanni Floris intervisterà il sindaco di Firenze Matteo Renzi.
Giovanni FlorisGiovanni Floris
3. PD: ANCHE RENZI PROBABILMENTE PARTECIPERA' A DIREZIONE
(ANSA) - Alla direzione del Pd di mercoledì prossimo molto probabilmente ci sarà anche il sindaco di Firenze Matteo Renzi. E' quanto si apprende a Firenze.

4. RENZI IN CAMPO
Fabio Martini per "La Stampa"

Per ora Matteo Renzi si limita ad ascoltare e motivare i suoi «ragazzi». Domani il sindaco incontrerà i cinquantun parlamentari a lui vicini in una saletta di convegni a Firenze. Nessun piano di guerra, Renzi e i 51 si sono già visti altre due volte, ma la vera novità è un'altra. Il sindaco - dopo aver spalleggiato Bersani in campagna elettorale - ha deciso di rientrare attivamente in campo, stando quotidianamente «dentro» la vicenda politica.
RENZI E BERSANIRENZI E BERSANI Nella settimana post-elettorale Renzi è intervenuto di continuo, facendo proposte (sul rimborso elettorale), proponendo una lettura del risultato elettorale («abbiamo perso») che proprio ieri anche Bersani ha fatto esplicitamente propria nell'intervista a «Che tempo che fa». Il Renzi in campo - leale in campagna elettorale e propositivo in queste ore - ha già fatto maturare negli informalissimi pourparler tra i principali notabili del Pd una sintesi che un dirigente vicino a Bersani compendia così: «Se la situazione dovesse precipitare verso le elezioni anticipate, il Pd non potrebbe che presentarsi con Renzi leader».
renzi e bersanirenzi e bersani Una sintesi per nulla scontata sino a qualche giorno fa, per non parlare dei mesi scorsi quando il sindaco di Firenze, nel Pd e nei giornali fiancheggiatori, incarnava «una mutazione genetica», veniva criminalizzato come il «nuovo Craxi». Per nulla scontata la futura, eventuale incoronazione, perché incontra resistenze anche dentro la squadra bersaniana: l'ala sinistra fa sapere che una campagna elettorale-bis dovrebbe essere guidata sempre dal segretario e Stefano Fassina ieri lo ha detto chiaro e tondo: «Per quanto mi riguarda, Bersani rimane la figura più forte per la campagna elettorale».
STEFANO FASSINA jpegSTEFANO FASSINA jpeg E d'altra parte proprio il segretario del Pd, ospitato da Fabio Fazio («non voglio perdere neanche un secondo», il suo incipit), ha ribadito un concetto hard: se Grillo non ci sta, tutti a casa. Come dire: o passa il monocolore hard, oppure per il Pd la soluzione ottimale è ridare la parola agli elettori.
Ma se davvero la situazione dovesse precipitare, che qualcosa di grosso si stia muovendo nel Pd (si sussurra che sarebbe favorevole anche Massimo D'Alema, sempre sensibile alla tenuta del partito) lo conferma proprio Bersani che, davanti ad una domanda su Renzi, risponde con queste parole: «Deciderà lui, che ruolo avrà, quando vorrà, con la direzione del partito. Ma sicuramente un ruolo lo avrà».
Ma lo scenario delle elezioni bis per il momento è ancora lontano. Prima ci sono molti passaggi da espletare. Sul primo - maggioranza Pd-Cinque Stelle - Bersani ieri ha tenuto il punto e una mano in questo senso gliela dà il solito Fassina, che con energia fa fuoco preventivo su Giorgio Napolitano, o meglio su una delle possibili soluzioni che il Capo dello Stato potrebbe proporre in caso di fallimento di Bersani: «Deve stare a Palazzo Chigi chi ha ricevuto il consenso, se non é possibile, si deve tornare a chiedere il consenso agli elettori» e sull'ipotesi che il capo dello Stato sia «costretto» ad indirizzarsi su un governo del Presidente, Fassina è durissimo: «Se qualcuno pensa di riproporre un "governo tecnico", sarebbe un suicidio per la democrazia.
Giorgio NapolitanoGiorgio Napolitano Spero che ci sia una rivolta di massa di tutta la base del Pd. Sarebbe una proposta becera, suicida». Tagliente il commento del costituzionalista, ex senatore Pd, Stefano Ceccanti: «Rammento a Fassina che il potere di dare l'incarico spetta al Capo dello Stato, non a lui».
Ma la proposta di un governo del Presidente, il Capo dello Stato potrebbe avanzarla al termine di una lunga sequenza. Nessuno può fare illazioni su come si muoverà da metà marzo, non appena le Camere avranno eletto i loro Presidenti.
Intervento di Massimo DalemaIntervento di Massimo Dalema In base ai precedenti, al Pd in modo molto informale azzardano un iter così scandito. Primo passaggio: mandato esplorativo a Bersani per verificare se sia possibile mettere assieme una maggioranza con l'appoggio esterno del 5Stelle o del Pdl.
Con una formula inedita e improbabile: nelle votazioni nelle quali si configura un passaggio fiduciario, uno dei due partiti uscirebbe dall'aula. Se questa verifica dovesse fallire, il Capo dello Stato potrebbe incaricare il presidente del Senato per un incarico esplorativo con un mandato più ampio.
E soltanto a conclusione di questo tragitto, potrebbe prendere forma il tentativo finale, quello di verificare la fattibilità di un «governo del Presidente», affidato ad una personalità esterna alla politica. Un sondaggio molto preliminare, come anticipato da «La Stampa», è stato fatto presso il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, soluzione ad alta garanzia per i mercati.

domenica 3 marzo 2013

Renzi, desiderio di pubblico potere e la Coerenza



Matteo Renzi,  piedi in due staffe, desiderio di  potere  e Coerenza

Fare il sindaco di Firenze è il mestiere più bello del mondo, l'avrei lasciato solo per fare il premier e provare a cambiare l'Italia (La Nazione) 
Facebook 01/03: ..."Adesso faccio il Sindaco perchè la serietà non è un optional."...


Corrriere della sera 01/03: ..."Altra cosa è se il Partito democratico va alle consultazioni da Giorgio Napolitano con una rosa dei nomi. Cioè, senza dire che la richiesta è quella di Bersani secca. Se per riuscire a superare lo stallo che si è creato e che, certamente, non fa bene al Paese, il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se fra quei nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente."





01) Renzi: "Mi ricandiderò a sindaco nel 2014"

"E' un bene che ci siano le primarie per decidere i candidati al Parlamento"


"Fare il sindaco di Firenze è il mestiere più bello del mondo, l'avrei lasciato solo per fare il premier e provare a cambiare l'Italia''

Firenze, 13 dicembre 2012 - Il sindaco di Firenze rilancia sul secondo mandato. Matteo Renzi esprime apprezzamento per le primarie dei parlamentari del Pd, e annuncia la sua ricandidatura a sindaco di Firenze nel 2014. ''Si', l'ho sempre detto'', ha affermato in una intervista rilasciata al Corriere Fiorentino: ''Niente premi di consolazione - ha aggiunto - o alcun tipo di incarico di partito se avessi perso le primarie. Fare il sindaco di Firenze è il mestiere più bello del mondo, l'avrei lasciato solo per fare il premier e provare a cambiare l'Italia''.


Renzi ha detto che è un ''bene'' che ci siano le primarie per decidere i candidati al Parlamento: ''E' una partita - ha quindi precisato - su cui non ho ancora messo la testa. A oggi registro un'apertura del Pd sulle primarie. E resto convinto che era giusto fare una battaglia nazionale, e la rifarei oggi, perchè era un segnale che andava dato''. E per il sindaco di Firenze, una volta finite le primarie per la premiership del centrosinistra, ''immediatamente dopo si è riaperto il coperchio della battaglia vecchio stile col ritorno di Berlusconi e tutto il resto''.


02) Il sindaco disponibile di fronte all'ipotesi di una coalizione con Grillo e Berlusconi

Renzi: sono pronto a fare il premier

Bersani e Errani convinti di avere il sostegno decisivo di molti senatori 5 Stelle. Il lavoro di «scouting» sarebbe andato in porto

Matteo Renzi, sindaco di Firenze (Fotogramma)Matteo Renzi, sindaco di Firenze (Fotogramma)
ROMA - Il futuro Gianni Letta di Pier Luigi Bersani, ossia Vasco Errani, ha aiutato il segretario del Pd a fare i calcoli. Alla fine i due si sono guardati negli occhi e si sono detti. «È fatta».
Il segretario del Pd e il suo braccio destro sono convinti: al Senato, oltre ai parlamentari che fanno riferimento a Mario Monti, c'è un gruppo di grillini pronti a sostenere il governo presieduto dal leader del Partito democratico. Li hanno contattati, ci hanno parlato a lungo, il lavoro di «scouting» è andato in porto e ora possono tirare un sospirone di sollievo. A questo punto, dicono inorgogliti i bersaniani, il governo guidato dal segretario del Pd è praticamente fatto. Ma in quello stesso partito c'è chi non ci crede, chi fiuta la trappola, chi, come Massimo D'Alema, ritiene che le trattative con il Movimento 5 stelle possano condannare a morte il centrosinistra. Dalla sua Firenze Matteo Renzi guarda ai movimenti del suo partito con un mix di disincanto e preoccupazione. Il sindaco rottamatore vorrebbe un Pd con maggiore «verve» però si è ripromesso di non ostacolare il manovratore Bersani e si attiene a quel che ha detto in tempi non sospetti. Il che, ovviamente, non gli preclude il campo della politica. Ci è nato e cresciuto in quel territorio, del resto. Ai collaboratori, agli amici, a qualche «suo» parlamentare ha spiegato che cosa intende fare: «Vedo che alcuni giornalisti scrivono che io potrei fare il premier, che potrei fare il segretario. Tutte illazioni. E cavolate. La realtà dei fatti è questa: io non mi farò mai cooptare dal partito. Manco morto! Nessuno dei vertici potrà mai dire: "Il nostro prossimo candidato premier sarà Renzi". Perché a quel punto io dico: no, grazie. Altra cosa è se il Partito democratico va alle consultazioni da Giorgio Napolitano con una rosa dei nomi. Cioè, senza dire che la richiesta è quella di Bersani secca. Se per riuscire a superare lo stallo che si è creato e che, certamente, non fa bene al Paese, il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se fra quei nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente».
A fare che? Non il candidato premier di una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni, ma il possibile presidente del Consiglio di una grande coalizione, che comprenda Grillo e anche Berlusconi, e che riesca finalmente ad avviare «le tante riforme da fare». «In quel caso potrei accettare di prendere in mano la situazione. So bene che ci potrei rimettere le penne, che mi converrebbe lasciar perdere, ma è una sfida che mi avvince».
E Renzi non ritiene di tradire la fiducia di Bersani quando spiega queste cose ai fedelissimi: «Io sono stato leale fino all'ultimo». La correttezza non gli vieta di spiegare qual è la sua versione dei fatti, nè di illustrare la sua analisi su quello che è successo. Tradotto dal politichese all'italiano: Renzi è pronto a dire perché il centrosinistra che si riteneva vincitore abbia mancato l'occasione della vita: «Quando dicevo che avremmo dovuto dimezzare i parlamentari e azzerare il finanziamento pubblico, tutti mi trattavano come un demagogo da strapazzo, anche nel partito, senza capire che quello era il modo per sgonfiare Grillo». I vertici del Pd non hanno seguito i suggerimenti del sindaco di Firenze, sconfitto dalle primarie, e hanno preferito andare dietro al vincitore di quella tenzone: «Hanno optato per il partito identitario. E il partito identitario più di quei voti non riesce a prendere». Già, di quei voti che sono tre milioni e mezzo in meno di quelli che prese Walter Veltroni. L'ex segretario lo ricorda: «Forse ora capiranno come fosse importante quel 34 per cento».
Se Veltroni sente ancora su di sé le ferite inflittegli da un partito non esattamente solidale, Renzi, memore di quell'esperienza, si tiene alla larga dai giochi e i giochetti del Pd: «Arrivano per le riunioni del partito con le loro belle auto blu e litigano. Io preferisco rimanere a Firenze e andare in giro in bicicletta. Non voglio essere coinvolto in queste storie». Rifugge dagli alterchi e dalle polemiche, il sindaco di Firenze, ma quando parla con il suo gruppo di futuri parlamentari (una cinquantina, circa) spiega. «La verità è che noi abbiamo perso queste elezioni il giorno in cui abbiamo respinto la gente dai seggi delle primarie, quando abbiamo deciso che dovessero votare solo i militanti. Con che faccia, poi, potevamo chiedere a tutta questa gente che abbiamo cacciato di andare a votare alle politiche per noi?».

Taglio - solo svizzero - ai manager incapaci



In Svizzera, basta con i premi ai manager (pubblici) incapaci. E... udite udite, a seguito del referendum, il legislatore elvetico MODIFICHERA' la norma.
In Italia, ancora maxi premi a manager pubblici inetti ed arroganti, amici (in senso mafioso) e parenti dei politici...

Corsera

schiacciante vittoria dei favorevoli alla proposta di legge

La Svizzera approva il referendum:
sì al tetto per i super-stipendi dei manager

Nuove regole per i vertici di aziende e banche

(Afp) (Afp)
E dunque la Svizzera, la terra delle banche e delle multinazionali, sarà il primo paese d’Europa ad adottare una norma che pone un tetto ai superstipendi dei manager. Il referendum promosso dal parlamentare conservatore Thomas Minder si è risolto infatti con una schiacciante vittoria dei favorevoli alla proposta di legge. Quando mancano ormai solo poche sezioni al risultato definitivo i sì alla legge Minder superano il 67%, con punte del 71,2% a Zurigo e del 70,3 in Canton Ticino, vale a dire due delle principali piazze finanziarie del paese. Svizzera, tetto agli stipendi dei manager
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La proposta di legge era di natura costituzionale dunque per essere approvata doveva ottenere la maggioranza non solo dei voti complessivi ma anche dei singoli cantoni; ebbene, in tutte le 24 regioni della Confederazione Elvetica i sì sono ampiamente la maggioranza. Questo significa che il tetto ai superstipendi diventerà realtà a partire dal gennaio 2014. La proposta Minder prevede che la remunerazione dei dirigenti di multinazionali, società quotate in Borsa e spa in generale non venga più decisa dal consiglio di amministrazione ma dall’assemblea degli azionisti, di anno in anno e in base ai risultati conseguiti dal management. Questo particolare ha fatto guadagnare a Minder il soprannome di “Robin Hood dei piccoli azionisti” mentre il referendum odierno, tra l’opinione pubblica era stato ribattezzato “caccia ai gatti grassi”. Da oggi, in pratica, per i gatti svizzeri, intesi come elite della finanza e dell’industria, comincia una robusta dieta.
Il sì pronunciato ai quattro angoli del Paese apre una breccia in un dibattito che ormai attraversa tutto il Vecchio Continente: anche la Ue, in questi giorni ha proposto misure in grado di raffreddare i bonus per i top manager privati, sul modello di quanto approvato oggi in Svizzera. Ma per l’Unione le procedure sono molto farraginose e soprattutto l’idea sta incontrando la forte opposizione del premier inglese David Cameron (Londra non a casa è la principale piazza finanziaria d’Europa). Il successo di Minder, fino a poco tempo fa anonimo parlamentare eletto a Sciaffusa, ha dell’incredibile: la sua proposta di legge si è affermata nonostante la contrarietà di tutti i principali partiti elvetici, della Confindustria locale e dell’establishment bancario.
L'ondata di avversione popolare contro i “gatti grassi” – e che ora rende facile accostare Minder a Beppe Grillo – non spunta tuttavia dal nulla. Il parlamentare di Sciaffusa aveva cominciato a raccogliere le firme necessarie alla consultazione in completa solitudine politica dopo che era scoppiato lo scandalo della Swissair; la compagnia di bandiera elvetica era infatti fallita nel 2001 ma al suo amministratore delegato Mario Croci era stato concesso un bonus di 12 milioni di franchi.
Lo stesso era accaduto nel 2008 ai vertici della Ubs, la principale banca elvetica alle prese con un buco di 2,7 miliardi. Lo Stato era intervenuto in soccorso del colosso finanziario ma 50 milioni di franchi era stati bruciati in premi ai suoi amministratori.

«La volontà popolare va rispettata ma adesso la Svizzera rischia di diventare un territorio meno attrattivo per le multinazionali» ha dichiarato poche ore fa Fulcio Pelli, parlamentare liberale, contrario all’iniziativa Minder. Per la Svizzera, e probabilmente per l’Europa intera, è l’inizio di un nuovo capitolo.