mercoledì 26 dicembre 2012

Il problema della tracciabilita' ...



IL PROBLEMA DELLA TRACCIABILITA' NELLE CARNI, GLI ALIMENTARI, E I BENI IN GENERALE

La tracciabilita’ e’ sia la “capacità di risalire alla storia e all’uso o alla collocazione di un prodotto o di un’attività attraverso identificazioni documentate.” (vecchia ISO 8402/1992) che “la capacità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.” (Regolamento Europeo 178/2002). Per ricostruire qualcosa al contrario – salvo si voglia intraprendere, nei casi di necessita’, un’opera di “indagine a ritroso” - e’ necessario imporre a chi produce le materie prime, le assembla, giungendo al prodotto finale, dei protocolli di registrazione di cosa viene fatto, come e dove. 

Tutto cio’ e’ tanto piu’ necessario nell’ambito dell’alimentazione: le materie prime vengono coltivate ed allevate nelle piu’ disparate parti del mondo e – dando per scontato che dietro al “progetto” di una filiera alimentare, vi siano uno o piu’ “responsabili” – e’ indispensabile imporre a questi (o chiunque, a chi si assume il compito della distribuzione degli alimentari sul mercato europeo: si vedra’ che la piu’ recente normativa rende responsabile, l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto, oppure, se tale operatore non è stabilito nella UE, l’importatore nel mercato dell’Unione europea) l’onere di mantenere un controllo completo sulla filiera, e di “riportare” le informazioni sulla filiera stessa a conoscenza delle Autorita’ e, se possibile, dei consumatori finali, nel modo piu’ dettagliato possibile.
Non sempre avviene cosi’. Un sistema piu’ stringente, in tal senso, lo troviamo per l’identificazione e l’etichettatura delle carni: la reazione del legislatore – che ha imposto, inizialmente, per le carni piuttosto che per i composti contenenti elaborati di carne -  la tracciabilita’ fin dal macello, nasce dal fenomeno cosiddetto della “mucca pazza”. Si e’ trattato, insomma, di un fenomeno di “cordone sanitario per legge” : ecco il motivo del Regolamento (CE) n. 1760/2000. Per la carne bovina e bufalina fresca, refrigerata e congelata, dal 1° gennaio 2002, gli operatori e le organizzazioni che commercializzano indicano, sia il nome dello Stato (membro UE o Paese terzo) in cui è nato l’animale, che il  nome dello Stato o degli Stati (membri UE o Paesi terzi) in cui è stato effettuato l’ingrasso.

Alla norma “core” si affiancano una serie di leggi secondarie – spesso importanti nel loro specifico : si pensi alle regole sui registri e i passaporti degli animali ( Regolamento (EC) 911/2004), sulle misure di controllo (Regolamento  (EC) 1082/2003) .

Il Regolamento CE 543/2008, recante le modalità di applicazione del Regolamento CE 1234/2007, ha stabilito le norme di commercializzazione per le carni di pollame (pollo, tacchino, anatra, oca, faraona), imponendo , sull’involucro o sull’etichetta – fra le altre informazioni -  il numero di riconoscimento del macello o del laboratorio di sezionamento, eccettuati i casi in cui il sezionamento e il disosso si effettuino sul luogo di vendita, e  l’indicazione dello Stato d’origine per le carni importate da Paesi terzi.

 Il 1° luglio 2012 sono poi entrati in applicazione su tutto il territorio dell’Unione Europea i regolamenti comunitari : Regolamento  diesecuzione (UE) n. 931/2011 della Commissione relativo ai requisiti di rintracciabilità fissati dal Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per gli alimenti di origine animale. Il motivo di tale “estensione” dell’oggetto dell’attenzione sono alcune crisi alimentari. Nell’occsasione, si era visto come la documentazione raccolta e conservata ai fini della rintracciabilità fosse adeguata e funzionale. Si sono rese obbligatoria elatri informazioni: quelle relative a volume, quantità, lotto/partita, nonché la descrizione dettagliata degli alimenti e la data di spedizione.

Le informazioni di rintracciabilità requisiti specifici per gli alimenti di origine animale espressi dal  Regolamento UE n° 931/2011 sono, oltre ad una descrizione dettagliata degli alimenti, ad esempio  il nome e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare che ha spedito gli alimenti, il nome e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare al quale gli alimenti sono stati spediti, riferimento al lotto, o partita, se necessario.

Per gli alimenti in generale, Regolamento Europeo 178/2002 (in vigore dal 1 gennaio 2005) ha introdotto a livello legislativo l’obbligo per tutti gli Stati membri della Comunità Europea di definire un sistema di tracciabiltà nel settore alimentare in modo da “garantire un livello elevato di tutela della vita e della salute umana nell'esecuzione delle politiche comunitarie”. Il 25 ottobre 2011, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il Regolamento UE 1169/2011 “relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”. Con questo Regolamento, il legislatore dell’Unione europea, ha abrogato le Direttive 2000/13/CE e 90/496/CEE. Il campo di applicazione del Regolamento si applica:
• agli operatori del settore alimentare in tutte le fasi della catena alimentare quando le loro attività riguardano la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori
• a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale, compresi quelli forniti dalle collettività e quelli destinati alla fornitura delle collettività (rientrano nell’ambito di applicazione, quindi, i pubblici esercizi, le mense, i catering)
• ai servizi di ristorazione forniti da imprese di trasporto quando il luogo di partenza si trovi nel territorio di Stati membri cui si applica il trattato.

Il paese d’origine o il luogo di provenienza deve essere indicato ove previsto all’articolo 26 dello stesso Regolamento 1169/2011. Uno speciale sistema e’ previsto per denominazioni di vendita protette, che si differenziano dalle denominazioni di vendita (della UE o nazionali) per la registrazione del prodotto in appositi elenchi. I prodotti agricoli ed alimentari protetti hanno caratteristiche uniche, derivanti dall’ambiente geografico ove sono ottenuti. Essi devono rispettare il disciplinare di produzione. L’etichettatura di tali prodotti è soggetta a specifica disciplina.

Per i beni in generale, invece, si e’ deciso di non porre eccessiva tutela nell’indicare – da parte dei produttori – l’origine dei singoli componenti. Allo stato attuale nella disciplina di fonte comunitaria non esiste quindi un espresso obbligo di etichettatura di origine del prodotto. La Corte di Giustizia CE ha, in varie occasioni, dimostrato la sua contrarietà a introdurre l’obbligo d'indicazione del "made in" da parte dei Paesi membri. Il Codice Doganale Comunitario - adottato con Regolamenton. 450/2008 - stabilisce che nel caso in cui alla produzione della merce abbiano contribuito due o più Paesi, la merce si considera originaria del Paese dove è avvenuta l’ultima trasformazione/lavorazione sostanziale in presenza delle seguenti condizioni cumulative:
  • lavorazione/trasformazione sostanziale
  • economicamente giustificata
  • effettuata da un’impresa attrezzata a tale scopo
  • che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.
I tentativi di “imporre” una tracciabilita’ della filiera (proposte di Regolamento Comunitario in tal senso ) , e addirittura normative italiane (si pensi  alla proposta di legge c.d. Versace/Reguzzoni, L. 55/2010) si sono dunque scontrati -  soccombendo - contro una norma primaria piu’ importante. L’art. 31 bis del D.L. 273/2005 (convertito nella L. 51/2006) ha sospeso l’applicazione dell’art. 6, lettera c), del Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005), per cui i prodotti o le confezioni di prodotti destinati al consumatore devono riportare chiaramente visibili e leggibili, tra le altre indicazioni, anche quella relativa al “Paese di origine”, quando situato al di fuori dell’Unione Europea. Il decreto di attuazione dell’art. 6, lettera c), del Codice del Consumo, infatti, non è ancora stato emanato, con la conseguenza che l’efficacia di detta disposizione è momentaneamente sospesa. E’ stato abrogato l’art. 17 della L. 99/2009, che prevedeva l’indicazione in ogni caso della provenienza estera del prodotto ; la sistemistica e’ quindi essenzialmente penale: la  L. 166/2009 ha stabilito che l’importazione e l’esportazione - o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione - di prodotti recanti falsi o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell’art. 517 del codice penale.