FATECI CASO. SIA UN'APPARIZIONE AD UN TALENT SHOW, UNA PROMESSA (NON MANTENUTA) AI SENZATETTO DI FIRENZE... RENZI VIENE MESSO TUTTI I GIORNI SUL NAZIONALE DAL CORRIERE DELLA SERA ED ALTRI GIORNALI, CHE SI LANCIANO IN LODI SPERTICATE.
CHI C'E' DIETRO A TUTTO QUESTO "SPINGERE" CHE ORAMAI VA AVANTI DA ANNI?
E CON QUALE SCOPO?
Breve reportage: dalle sviolinate delle primarie ad oggi...
Prof, sedicenni e "spie" dei rivali
ecco il melting pot del Renzi show
Molti i neofiti fra il pubblico: "Cerchiamo una sinistra
lontana dalla Fiom". Dal tecnico del suono ai filmaker, Matteo ha
scelto persone più brave di lui
di CONCITA DE GREGORIO
repubblica
ROMA - Cambio di prospettiva. La campagna elettorale
di Matteo Renzi bisognerebbe provare a guardarla dal palco: spalle al
protagonista e occhi negli occhi al pubblico. Proprio come fa il
fotografo - bravissimo - che ad ogni tappa dà il visto si stampi ad
un'immagine sempre uguale e ogni volta diversa: Matteo di spalle,
camicia bianca e pantaloncini affusolati, che parla alla folla
inquadrata di prospetto e col grandangolo, assiepata nei teatri e nelle
piazze. Effetto: un uomo solo e la moltitudine. Nelle foto gli sguardi
delle cuoche della festa di Ravenna, i capelli col gel dei ragazzini di
Monza, la messa in piega delle anziane signore del Politeama di Varese, i
giovanotti con la borsa a tracolla e le insegnanti trentenni
dell'Auditorium di Roma. Una foto, lo sa bene Renata Polverini, può
decretare l'inizio e la fine di ogni cosa. Molto più delle cronache di
giornale, delle analisi, dei mille commenti in chat. Una foto che dice,
per esempio, che nell'autunno in cui alle Feste del Pd si è segnato il
minimo storico di presenze (perché erano tante e tutte insieme, certo,
perché faceva freddo e pioveva, sì, perché alle feste ci vanno solo i
militanti mentre nei teatri e nelle piazze ci vanno tutti, d'accordo)
ecco negli stessi giorni, però, guardate bene in faccia la platea di
Renzi. Di qua, ai dibattiti di partito, militanti di mezza età inoltrata
seduti composti sulle sedie. Di là ai comizi di Matteo, giovani e
vecchi seduti ovunque, per terra e sulle scale, amici nemici e curiosi,
addetti stampa degli
avversari venuti a prendere appunti con l'Iphone e ragazzini non
ancora in età di voto che "mi interessa perché domani c'è assemblea, a
scuola, e così racconto cosa dice". Potete non crederci, che ci siano
sedicenni che vanno in gruppo ad ascoltarlo, ma ci sono.
A
Ravenna è venuto a sentire il parrucchiere del paese vicino, Alfonsine,
che
"le ragazzine sono pazze di lui, vorrei capire perché". A Forlì la
cuoca della Festa dell'Unità "che potrebbe avere l'età di mio nipote mi
fa tanta tenerezza, mi dà speranza". A Monza l'imprenditore ex
socialista "che non so, ci devo pensare ma certo la destra ormai fa
schifo e a sinistra ci sarà pure qualcuno che non parla solo la lingua
della Fiom". A Varese, culla leghista, la vecchina coi capelli blu che
vorrebbe farsi autografare la sua foto "perché mi piace un casino". Dice
così, la settantenne: un casino. Certificato dai video.
Visto
dal palco, letto negli occhi di chi guarda, lo show di Renzi funziona.
Fa ridere e scalda, coinvolge, non annoia. Perché questo sono, i comizi
di Renzi. Uno spettacolo: un format studiato nei dettagli - colori sul
palco, rosso e blu come Obama, luci, regia, quattro pillole di video,
sempre le stesse, tre o quattro immagini che lui chiama sul maxischermo a
comando con la confidenza del tu all'interlocutore invisibile alla
consolle: "mi dai Curiosity?, ce l'abbiamo?". Certo che ce l'abbiamo,
che domande. Ecco Curiosity, il rover della Nasa che cammina su Marte,
"ho controllato, è costato meno dei lavori alla Salerno Reggio
Calabria". Risate, applausi. Le battute sono sempre le stesse,
dall'ampolla del dio Po all'alzate la mano se pensate che spendiamo
troppo per il pubblico impiego. Le pillole in video anche, scelte con
sapienza televisiva: alleggeriscono, emozionano. Arrivano dove lui da
solo non arriverebbe. Troisi che a "ricordati che devi morire" risponde
"ora me lo segno", per dire dello sconfittismo di certa sinistra,
riscatta anni di cupezza nei cinquantenni che "Non ci resta che
piangere" lo videro in prima visione. Cetto La Qualunque nella gag dello
scontrino fiscale scatena i venti-trentenni dello sciagurato ventennio
della furbizia al potere. Will Smith che dice al ragazzino "non
permettere a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa" illanguidisce
le giovani madri e le nonne. Crozza con l'orsetto che fa il verso al
bambino Renzi fa ridere il pubblico televisivo, cioè tutti. Obama che
parla della bimba Christina uccisa a Tucson - obiettivamente:
superlativo - chiude lo show, due minuti di silenzio solido in platea e
standig ovation, commenti all'uscita su quanto è bravo Obama, mamma mia,
piccoli capannelli nel foyer, "Ma hai sentito quando dice che bisogna
tenere in vita le aspettative dei bambini?". E sì era Obama, non Renzi,
ma è uguale.
Perché almeno in una cosa, sicuramente in questa sì,
Renzi ha già sconfitto tutti gli avversari: si è circondato di persone
più brave di lui. Non ha avuto paura che gli facessero ombra, i
collaboratori. Ha preso su piazza i migliori: lo spettacolo
dell'Auditorium, chiunque abbia mai allestito anche solo un palco di
paese lo sa, è un oggetto teatrale semplicissimo e sofisticato, costoso,
studiato e provato nei particolari. Il regista, il tecnico del suono,
gli autori dei testi, i filmaker che riversano sul blog le interviste
fatte per strada, l'organizzatore che prende al volo la sala una
settimana prima. Tutto funziona meglio di quando non accada agli altri,
basta dare un'occhiata il giorno dopo sul web per verificare. Non è solo
Gori, anche se Gori è molto.
Non sono nemmeno le risorse, cioè il
denaro: anche gli altri ne dispongono in sufficiente quantità. E' una
rete di competenze al lavoro, e la differenza si vede. Il pubblico
applaude con convinzione, ed è un pubblico davvero misto per età e
formazione, per provenienza politica. A Varese, nel teatro strapieno,
c'è "una minoranza di ex leghisti, pochi del Pd", annota sul taccuino la
giornalista locale che i militanti politici li conosce quasi tutti di
persona. Il resto "sono gente qualunque, quella è la mia vecchia prof
del liceo. Quella la libraia del corso. Quello lì un avvocato,
democristiano mi pare. Gli altri non so, alle manifestazioni politiche
non li ho mai visti". A Roma, alle nove di sera a due passi dal
Vaticano, ci sono gli ex addetti stampa di D'Alema, di Franceschini e di
Prodi, gli uomini del Campidoglio di Veltroni e quelli di Alemanno, i
pdl Fabrizio Santori e Gianluigi de Palo assessore alla scuola del
Comune.
"Questo ha già vinto", si dicono i collaboratori di Alemanno
dando un'occhiata alla sala. "Macché, sono tutti curiosi", rispondono
dal capannello bersaniano.
Tutti no. In massa si fermano a
firmare gli otto referendum per Roma proposti dai radicali, poi dentro
in sala tutto pieno fino in galleria. Renzi batte e ribatte sulla
scuola, gli asili nido e la formazione, il merito e i
professori che
fanno il mestiere "più bello e più importante del mondo". Tre video su
cinque (Crozza, Will Smith, Obama) parlano di bambini e lui stesso manda
di sé questo messaggio: racconta del figlio undicenne, poi diventa in
proprio il portabandiera dell'innocenza e del coraggio di un bambino. In
platea, tra i tanti, tre sedicenni compagni di classe. Mattia Fiorilli,
David Valente, Federico Stefanutto. A Federico piace, a Mattia per
niente, David è dubbioso. "Siamo venuti a sentire, così poi possiamo
discutere meglio". La madre di un loro compagno di scuola passa e li
riconosce, li saluta, si compiace. Mattia dice che "però tutta questa
roba è fuffa, è solo buona per la tv". Federico si accalora, non è vero,
David ascolta.
Una giovane donna, il doppio dei loro anni, si ferma a
guardare la scena. "Ma ragazzi, voi l'avete mai sentito un uomo politico
parlare di asili nido?", domanda. Vorrebbe fermarsi a parlare con loro
ma s'è fatto tardi, scusi signora, domani c'è scuola e fra mezz'ora
chiude la metro.
(26 settembre 2012)