domenica 28 aprile 2013

Voleva sparare ai politici... Ma questi erano troppo impegnati nello spartirsi poltrone e resti.

Il pm: “Voleva sparare ai politici. Non è un pazzo”

 

Leggiamo in combinazione queste due notizie:


1) «È un uomo disperato», sottolineano i magistrati. Perché è disoccupato, separato e «da qualche mese - ha riferito - non riesco più a incontrare mio figlio», che ha 10 anni... «Volevo colpire i politici - ha spiegato - perché non ci aiutano, siamo nei guai e loro non fanno nulla». Ma quando ha capito che non ce l'avrebbe fatta, ha puntato la pistola contro i carabinieri. E ha sparato. Davanti ai pm l'attentatore si è dimostrato pentito: «Non volevo che finisse così, non odio nessuno». E forse pensando al dolore provocato, ha versato anche qualche lacrima. Poi ha rivelato: «Mi sarei voluto uccidere». Invece i colpi in canna erano finiti e i militari presenti davanti a Palazzo Chigi l'hanno fermato. Quando l'interrogatorio è giunto alle battute finali, Preiti ha chiesto ai pm se avrebbe dovuto avvisare la famiglia. Ma ha subito ha cambiato idea: «Ma no, tanto non importa a nessuno di me».

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_aprile_28/spari-palazzo-chigi-attentatore-confessa-212881126367.shtml

E i politici, hanno capito? Si sentono in colpa, almeno, per i  militari feriti? 

Ovviamente no. Mentre l'Italia annaspa, non gliene frega nulla. Continuano a scannarsi per un posto di potere. Se non ministro. Sottosegretario.


2) L'ex ministro delle Pari opportunità si aspettava un riconoscimento. Aperta la partita dei sottosegretari... 

http://news.leonardo.it/wp-content/uploads/2013/01/infophoto_2013-01-09_133038727_high_20_01_2012_SC_785555.jpg

Celare la delusione non è facile. Puoi sempre prendere il guinzaglio e portare il labrador al parco, facendo finta di niente (Massimo D'Alema). Puoi sperare di rientrare nel giro dei sottosegretari (Francesco Nitto Palma)...
Onorevole Fassina, un ministero per lei sembrava sicuro fino a pochi minuti fa... (Stefano Fassina, ancora alle 15.30, tra i giovani turchi del Pd sembrava quello che, con maggior probabilità, potesse esser stato scelto da Enrico Letta per la sua squadra).
«Mhmmm... e allora?».
È dispiaciuto?
«Mhmmm...».
È amareggiato?
«Senta, guardi, la ringrazio per la telefonata... Però, no, davvero... sul serio... preferirei non commentare la situazione che si è creata».
La politica è così. Sei dentro o sei fuori nel volgere di un niente. Certo Renato Brunetta ha mollato solo quando gli hanno detto che Letta stava salendo al Quirinale, e il suo nome, sul foglietto che aveva in tasca, non c'era. Brunetta ci è rimasto non male, ma malissimo. Silvio Berlusconi, a lungo, si è molto speso per lui. Addirittura, venerdì pomeriggio, era girata la voce che, pur di trovargli un posto, si stesse ipotizzando uno «spacchettamento» dell'Economia tra Tesoro e Finanze, con lui, Brunetta, destinato a quest'ultimo (e con Fassina, magari, in uno slancio di fantasia, al Tesoro).
Pensando al ministero dell'Economia occorre registrare anche altre candidature. La notizia che Berlusconi potesse aver posto un veto su Saccomanni arrivando ad autocandidarsi, aveva fatto mettere in preallarme almeno un paio di supertecnici, come Pier Carlo Padoan e Salvatore Rossi, più un autorevole personaggio che, nel giro di quindici giorni, si è ritrovato candidato praticamente, e inutilmente, a tutto: Giuliano Amato.
Prima indicato come probabile erede di Giorgio Napolitano; poi come possibile premier incaricato. E invece niente, solo un mucchio di titoli di giornale sprecati (il più banale è stato anche il più frequente e, forse, fatale: «Il ritorno del Dottor Sottile»). Altri titoli sprecati per Massimo D'Alema, che non pochi osservatori - non casualmente confortati da deputati di stretta osservanza dalemiana - descrivevano come estremamente interessato, diciamo così, a un ritorno alla Farnesina.
Mario Monti, alla Farnesina, ci ha pensato il tempo necessario per capire che sarebbe stato un sogno irrealizzabile: così, con ammirevole tempismo, l'altra sera è andato alla trasmissione Otto e Mezzo e ha annunciato il proprio passo indietro, invitando anche gli altri nomi eccellenti della politica italiana a fare altrettanto. Non è possibile stabilire quanti abbiano seguito il suo consiglio. Alcuni, infatti, hanno taciuto fino all'ultimo: come Michele Vietti e come Franco Gallo, entrambi interessati alla poltrona di Grazia e Giustizia.
Che poi, in certe situazioni, ognuno agisce secondo istinto. Per dire: il gruppetto dei parlamentari più vicini a Letta (Francesco Boccia, Alessia Mosca, Marco Meloni e Paola De Micheli) cresciuti alla sua scuola - equilibrio, misura, riservatezza - hanno taciuto come se la composizione della squadra di governo fosse una questione che non li riguardasse (eppure, sui siti online dei giornali, la De Micheli a un certo punto è stata inserita quasi d'ufficio nell'elenco dei probabili ministri).
Mara Carfagna, invece, no. Ad alcuni suoi colleghi del Pdl, negli ultimi due giorni, ha spiegato di aspettarsi un riconoscimento per il buon lavoro svolto alle Pari opportunità nell'ultimo governo Berlusconi. Delusa parecchio lei, e delusa tantissimo anche la Gelmini, che pure sperava in un altro giro di governo (anche se non alla Pubblica istruzione).
Naturalmente, parlare di delusione per Anna Maria Bernini è puro eufemismo. Numerosi giornali, ieri mattina, la davano come uno dei pochi ministri ripescabili dalla stagione berlusconiana. E non solo: a mezzogiorno, sembrava lei l'unica donna del Pdl certa di essere stata presa in considerazione da Letta.
Molto più rilassate le ultime ore di Paolo Romani e Daniela Santanchè. Che avevano capito quanto ormai fosse divenuto esercizio di impossibile acrobazia un loro inserimento nei ranghi dell'esecutivo. Realmente disinteressato alle voci che lo avvicinavano alla Difesa, Renato Schifani. Franco Frattini, un'ideuzza, al contrario, sembrava avercela fatta (ma non andate a dirgli che su di lui, durissimo, c'era il veto proprio dei suoi ex compagni di partito).
Chiaro che se si dovesse fare l'elenco di tutti i possibili candidati girati per questo o quel ministero servirebbero due pagine di giornale (Chiamparino, Ilaria Borletti Buitoni, Epifani...). E ne servirebbero venti se adesso si dovessero inseguire le voci sui possibili sottosegretari.
Sappiate però che in molti non lo considerano affatto un incarico di consolazione. Sappiate che molti sono già davvero in fila. Sappiate ciò che loro sanno: un abile sottosegretario può essere più potente di un bravo ministro. 

http://www.corriere.it/politica/13_aprile_28/fassina-carfagna-delusi_aba47e36-afcb-11e2-9916-33bf7b5011d8.shtml



Forza politici, che ancora non avete capito NULLA! 

 

 

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